
In Nepal la situazione è sempre più critica. Non si placano le proteste anti governative che hanno fin qui provocato 25 morti e 633 feriti. L'esercito ha imposto da oggi in tutto il Paese misure di sicurezza restrittive e il coprifuoco serale a partire dalle 5 del pomeriggio. Ogni forma di manifestazione, vandalismo, incendio o assalto a persone o proprietà verrà considerato dalle autorità alla stregua di un'attività criminale. "Queste misure sono necessarie per evitare gli incidenti causati dalle agitazioni. Ci sono anche seri rischi di stupri e di attacchi violenti agli individui", hanno spiegato le forze armate in un comunicato. A causa dell'emergenza in corso i militari hanno assunto responsabilità temporanee di ordine e sicurezza. L'escalation di violenza ha costretto il primo ministro, KP Sharma Oli, a dimettersi.
Nepal travolto dalla violenza
Le proteste hanno visto istituzioni (parlamento compreso) e abitazioni private di Katmandu assalite dai manifestanti. Tra le vittime figurano alcuni agenti di polizia e anche Rajyalaxmi Chitrakar, la moglie di un ex premier, Jhalanath Khanal, per l'incendio della sua abitazione. Nelle ultime ore l'esercito avrebbe ripreso il controllo della capitale e avrebbero avviato i primi colloqui con i leader delle proteste. I soldati hanno pattugliato le strade nel tentativo di porre fine alle proteste mortali di questa settimana, un caos durante il quale oltre 13.500 prigionieri sarebbero evasi dalle prigioni in tutto il Paese.
Il capo delle forze armate, il generale Ashok Raj Sigdel, ha tenuto "consultazioni con le parti interessate e ha tenuto un incontro con i rappresentanti della Generazione Z", ha affermato Rajaram Basnet, riferendosi al titolo generico dei giovani manifestanti, ma senza fornire ulteriori dettagli.
Shushila Karki, 73 anni, ex presidente della Corte Suprema che molti considerano un potenziale leader ad interim, ha affermato che il dialogo tra le parti è stato fondamentale. "Gli esperti devono unirsi per trovare la strada da seguire", ha detto Karki. "Il parlamento è ancora in piedi", ha aggiunto. Rehan Raj Dangal, un rappresentante dei manifestanti, ha spiegato che il suo gruppo vorrebbe che Karki guidi un governo ad interim.
Proteste senza precedenti
Le proteste sono state innescate lunedì dal divieto governativo di breve durata sui social media, un divieto che ha provocato una dura repressione della polizia - con agenti che hanno aperto il fuoco sui dimostranti - e lo scoppio di scontri sempre più violenti tra dimostranti e forze dell'ordine. Uno dopo l'altro, sono stati dati alle fiamme il Parlamento, l'ufficio del Presidente, la Corte Suprema, sedi di tribunali, uffici del fisco, il quartiere generale della più grande azienda editoriale nepalese, che pubblica il quotidiano Kantipur Post.
I manifestanti non hanno risparmiato nemmeno i palazzi reali, che costituiscono i fragili resti del prezioso patrimonio culturale del paese, già massacrato dal terremoto del 2015. Dopo le istituzioni, è stata la volta delle abitazioni dei leader dell'establishment politico, incendiate e saccheggiate con slogan come "neta chor, desh chod " (politici ladri, lasciate il paese).
L'esercito del Nepal ha invitato i cittadini, in particolare i giovani, a ripristinare l'ordine e interrompere la violenza, dichiarandosi "addolorato per la perdita delle vite e per i danni alle proprietà causati dalle proteste".
Dopo avere espresso le condoglianze alle famiglie dei defunti e gli auguri per la veloce ripresa dei feriti, il comunicato ha ricordato l'impegno ininterrotto per la salvaguardia dell'indipendenza del Paese, della sua sovranità, dell'integrità territoriale, dell'unità nazionale, e per le vite e le proprietà di tutti i cittadini. L'esercito sottolinea ancora la necessità di "proteggere il patrimonio storico, archeologico e culturale del Paese in questi momenti critici". Le prossime ore, per il Nepal, saranno critiche.