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La rivolta in casa dem per l'immigrazione e il muro di Biden: cosa rischia il presidente

Sempre più sindaci e governatori del partito democratico si lamentano per la gestione dell'immigrazione. Biden lascia costruire il muro di Trump, ma mostra tutti i limiti nella gestione dell'emergenza

La rivolta in casa dem per l'immigrazione e il muro di Biden: cosa rischia il presidente

I punti deboli di Joe Biden sono molti. L'economia, l'età, i dubbi crescenti sulla politica estera della sua amministrazione. Eppure c'è un nervo scoperto che in questa fase fa più male di altri, un punto cieco che è diventato un problema anche per il suo partito. Stiamo parlando dell'immigrazione. La crisi migratoria lungo il confine tra Usa e Messico da tre anni chiede una soluzione che stenta ad arrivare.

I problemi di Biden

Che il fronte sia delicato lo dimostrano i numeri. Nel corso dell'estate i fermi di migranti che hanno attraversato la frontiera sono andati crescendo: 144 mila in giugno, 183 mila in luglio e 232 mila in agosto, con settembre destinato a seguire lo stesso trend. Uno scenario complesso che secondo molti americani ormai è fuori controllo. Nella settimana del caos al Congresso con la sfiducia dello speaker della Camerca Kevin McCarthy, uno dei temi più utilizzati dalla froda del Gop che lo ha silurato è stato quello di caos al confine, di un'emergenza interna più importante rispetto all'appoggio statunitense a Kiev.

Il tasto per Biden è dolente: in settimana è arrivata la conferma che la Casa Bianca lascerà costruire una nuova porzione del muro tra Usa e Messico. Il presidente, che ha confermato di non credere che una barriera risolva il problema, ha anche affermato che ormai i fondi erano stati stanziati dal Congresso per quello scopo e che quindi non potevano più essere dirottati. La sezione riguarderà il settore della Rio Grande Valley, dove solo quest'anno sono entrate 245mila persone. La mossa è controversa. Da un lato il presidente ha smentito quanto detto durante la campagna elettorale del 2020 quando promise che non avrebbe più costruito barriere, dall'altro ha scontentato la sinistra del suo partito.

Alexandria Ocasio-Cortez, deputata "socialista" di New York ha attaccato Biden dicendo che il presidente "deve prendersi la responsabilità per la sua decisione", ma anche che "l'amministrazione Biden non era tenuta ad ampliare la costruzione del Muro sul confine e certamente non era tenuta a sospendere leggi ambientali per farlo".

La mossa dell'amministrazione democratica è apparsa scomposta, perché se da un lato Biden ha adottato l'approccio del "vorrei (fermarlo) ma non posso", il suo segretario per Sicurezza interna Alejandro Mayorkas, ha candidamente ammesso in un comunicato che "attualmente c'è un bisogno acuto e immediato di realizzare barriere fisiche e vie nei pressi del confine degli Stati Uniti per impedire ingressi illegali". Un'ammissione che rivela tutte le contraddizioni che dilaniano i democratici.

La missione del sindaco di New York

La fronda dei democratici anti muro si assottiglia sempre di più. Un numero crescente di esponenti della sinistra americana, soprattutto amministratori locali, mostra una grossa diffidenza nel modo in cui Biden sta gestendo il dossier immigrazione. Il capo fila di questa fronda è sicuramente il sindaco di New York. Eric Adams da mesi attacca la Casa Bianca sul tema proprio perché la pressione migratoria sulla Grande Mela si è fatta insostenibile. In una recente intervista a Semafor Adams non ha usato mezzi termini: "Penso che il presidente abbia fatto un grande lavoro sulla criminalità e questioni ambientali, ma ha torto sul modo in cui ha gestito i migranti".

Lo stesso Adams qualche mese fa ha messo in guardia sulla pressione migratoria che sta subendo la sua città parlando di "rischio distruzione" per New York. Il primo cittadino nel corso della settimana è anche volato in America centrale, per una missione nei Paesi di origine dei flussi: Ecuador, Colombia, Panama e Messico. Un viaggio di quattro giorni per incontrare sia le autorità locali che gli stessi migranti, un'operazione, ha fatto sapere, per combattere la disinformazione che spinge le persone ad attraversare il confine.

Il passaggio più delicato del viaggio è stato quello in Colombia, prima con la tappa a Bogotà e poi con il viaggio verso il Darièn Gap, il tratto di giungla che sbuca a Panama e che ogni giorno viene attraversato da migliaia di persone desiderose di arrivare negli Usa. L’amministrazione cittadina di Adams ha concentrato tutti i suoi sforzi sul contenimento dell'immigrazione. La Grande Mela è sotto pressione: nell'ultimo anno sono arrivati oltre 100 mila migranti, con 60 mila accolti negli alloggi cittadini. Una macchina dell'accoglienza che ha prosciugato le casse dell'amministrazione e che rischia un deficit nel 2025 di 12 miliardi di dollari.

eric adams
Il sindaco di New York Eric Adams e il ministro degli Esteri dell'Ecuador Gustavo Manrique

La rivolta dei dem

Negli ultimi mesi sempre più dem si sono uniti ad Adams. Il Washington Post ha notato malignamente che qualche tempo prima della decisione di riprendere la costrizione del muro, diversi mugugni erano arrivata da alcuni insospettabili. Ad esempio il governatore dem dell’Illinois, J.B. Pritzker ha scritto una lettera alla Casa Bianca chiedendo che il governo federale affrontasse di petto la crisi al confine dato che si era venuta a creare una "situazione insostenibile".

Negli stessi giorni il sindaco afroamericano di Chicago Brandon Johnson ha detto di voler visitare la frontiera meridionale per toccare con mano l'emergenza. Anche la governatrice dello stato di New York, Kathy Hochul è intervenuta sul dossier sostenendo che debba essere introdotto un limite su chi può attraversare il confine. In New Jersey il governatore Phil Murphy, con un passato da politico pro immigrazione, ha rifiutato la proposta di creare un centro di accoglienza nell'aeroporto internazionale di Atlantic City. Alla fine tre stati dem, New York, Illinois e Massachusetts hanno dichiarato lo stato di emergenza certificando una situazione insostenibile.

Anche i sondaggi fotografano un umore analogo. Al momento, ha rilevato l'istituto di rilevazione Gallup, il numero persone che negli Usa vorrebbe meno immigrazione è aumentato negli ultimi due anni attestandosi intorno al 41%, contro il 31% che preferisce il livello attuale e il 26% che ne vorrebbe di più. A giugno, ben prima del boom di arrivi estivo, circa quattro americani su 10 hanno detto di essere d'accordo con l'allarme repubblicano sull'immigrazione. Tra le fila dei soli elettori dem è diminuito il numero di persone che sostiene l'arrivo di nuovi immigrati. A New York, roccaforte dem, il 51% degli elettori del partito dell'asinello ha affermato che l'arrivo incontrollato di persone è un grosso problema.

Numeri, malumori e segnali che ormai la Casa Bianca non può ignorare.

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