L'epicentro della nuova crisi mondiale delle droghe sintetiche coinciderebbe con un sistema ramificato che parte dalla Cina, attraversa i porosi confini della Thailandia e del Laos, e approda nello Stato di Shan, nel Myanmar, oggi considerato dalle Nazioni Unite il più grande hub di produzione di metanfetamina al mondo. Questa è la mappa tracciata da una lunga inchiesta del Washington Post che ha cercato di accendere i riflettori su un tema tanto delicato quanto complicato da comprendere. Il fenomeno sarebbe confermato da vari episodi, compreso uno emblematico avvenuto avvenuto nell'ottobre 2024. Una spedizione di sostanze chimiche provenienti dalla Cina, monitorata con un tracker installato dalle autorità antidroga thailandesi su indicazione della DEA statunitense, avrebbe infatti dovuto sostare nei pressi di Bangkok. Invece ha iniziato a dirigersi verso nord, verso il confine con il Myanmar. L'ordine impartito dal quartier generale dell'ONCB – l'agenzia antidroga thailandese – era chiaro: irrompere nel magazzino dove il segnale si era fermato. All'interno della struttura sono state ritrovate migliaia di taniche piene di precursori chimici destinati alle zone fuori controllo dello Stato di Shan.
Cosa c'entra la Cina
La Cina cosa c'entra con tutto questo? Direttamente, e almeno ufficialmente, niente. Tuttavia il reportage del WP ha rivelato che numerose aziende cinesi stanno esportando quantità crescenti di sostanze chimiche utilizzabili per produrre droghe sintetiche verso gruppi criminali del Sud-est asiatico, spesso eludendo senza difficoltà i controlli delle autorità di Pechino. Documenti interni citati dal giornale mostrano come queste esportazioni alimentino un mercato da record: nel 2023 e 2024 le sequestrazioni di metanfetamine nella regione Asia-Pacifico hanno raggiunto livelli mai visti, con oltre 236 tonnellate confiscate in un solo anno.
Secondo gli esperti intervistati dal Post, questo boom sarebbe stato impossibile senza l'industria chimica cinese. John Coyne, dell'Australian Strategic Policy Institute, afferma che la Cina ha "dato una spinta decisiva" alla produzione industriale di metanfetamina nella regione, mentre l’ex vicedirettore del Dipartimento di Stato USA Brandon Yoder sostiene che lo "tsunami di metanfetamina" che investe l’Asia è "direttamente alimentato" dai precursori provenienti dalla Cina.
Un sistema ramificato
Il sistema funziona grazie a una rete sofisticata: aziende legalmente registrate in Cina vendono precursori sui marketplace online, offrono consulenza logistica, suggeriscono come eludere i controlli doganali, accettano pagamenti in criptovalute e in alcuni casi – come scoperto nel caso della Wingroup Pharmaceutical – propongono persino imballaggi contraffatti per mascherare le spedizioni. Nei porti e ai confini, i container dichiarano contenere fertilizzanti, solventi o additivi industriali, ma molte di queste sostanze sono in realtà componenti cruciali per sintetizzare metanfetamina, fentanil e altre droghe sintetiche.
Una volta raggiunto lo Stato di Shan, i precursori finiscono nelle mani di gruppi armati locali come l'Esercito dello Stato Wa Unito (UWSA), ritenuto dagli Usa uno dei principali attori del traffico di droga e considerato da diversi analisti una milizia sostenuta, direttamente o indirettamente, dalla Cina. Il Washington Post riporta poi che molti comandanti dell'UWSA parlano cinese, possiedono doppia cittadinanza e intrattengono rapporti con funzionari di Pechino, sebbene la Cina neghi qualsiasi connessione.
Il risultato è un'economia parallela che prospera mentre il Myanmar sprofonda nella guerra civile. I giovani birmani, privati di prospettive, diventano cavie involontarie di nuove sostanze, e città come Tachileik si trasformano in "città mafiose" dove la droga viene venduta apertamente e i corpi delle vittime di overdose vengono abbandonati per strada.
Nonostante alcune recenti iniziative internazionali per arginare il traffico di precursori, le reti criminali hanno già aperto nuove rotte attraverso Laos e Thailandia, adattandosi più rapidamente dei governi.