
Capiamo bene che, mentre si celebra lo straordinario successo della missione di quaranta barchette che attraversando il Mediterraneo hanno risolto la guerra a Gaza, parlare di un controverso navigatore genovese, per giunta forse ebreo, che mezzo millennio fa solcò l'Atlantico per scoprire l'America, non è molto corretto. Ma a noi le figure controverse sono sempre piaciute. Come ci spiegava un nostro straordinario professore all'università, la Storia - piaccia o no - la fanno gli spregiudicati; mai i buoni.
E insomma, al netto della vicinanza che abbiamo sempre manifestato per i nativi americani (noi eravamo tra i pochi a stare con gli indiani quando giocavamo ai soldatini), ci ha fatto piacere sapere che Donald Trump abbia ripristinato la festa di Cristoforo Colombo, il celebre Columbus Day, il 13 ottobre; festività mai davvero soppressa ma che si era smesso di celebrare. Comunque. Italoamericani felici, Meloni riconoscente, i «dem» - che invece preferiscono la Giornata dei Popoli indigeni - un po' meno.
È vero. Un Columbus Day non vale, sul piatto della bilancia commerciale, un dazio del 107% sulla pasta italiana. Ma resta una buona notizia se si
pensa che la deriva della cancel culture cominciò abbattendo le statue di Colombo.
Ripristinarne la memoria è un modo per dare il primo colpo di piccone (è una metafora, ndr) al monumento Woke. Bene così.Ci spiace solo per la sinistra, per la quale avevano ragione Benigni e Troisi: Colombo non doveva neanche partire. Vabbè. Non le resta che piangere.