Informazioni in cambio di pranzi e soldi: tre funzionari dell'Agenzia delle Entrate ai domiciliari

Secondo l'accusa, esisteva un rodato sistema corruttivo, attraverso il quale i pubblici dipendenti avrebbero approfittato della propria pubblica funzione per assoggettarla agli interessi privati di alcuni professionisti del settore contabile

Informazioni in cambio di pranzi e soldi: tre funzionari dell'Agenzia delle Entrate ai domiciliari
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L'accusa nei loro confronti è grave e circostanziata: tre funzionari dell'Agenzia delle Entrate di Roma sono stati arrestati perché si sarebbero macchiati dei reati di corruzione e accesso abusivo a sistema informatico. Il blitz della squadra mobile nei confronti dei dirigenti è stato messo a segno all'alba. La polizia ha eseguito un'ordinanza applicativa di misure cautelari personali, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, su richiesta della locale procura. I funzionari sono finiti ai domiciliari. Si tratta di un dipendente dell'Agenzia in pensione e di due professionisti, sottoposti all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

La vicenda

Adesso i tre funzionari dovranno subire un processo. Secondo l'accusa, esisteva un rodato sistema corruttivo, attraverso il quale i pubblici dipendenti, impiegati negli uffici dell'Agenzia delle Entrate di Roma 3 e Roma 4, avrebbero approfittato della propria pubblica funzione per assoggettarla agli interessi privati di alcuni professionisti del settore contabile, dietro compensi in denaro, ovvero il pagamento di pranzi al ristorante. In tale contesto, gli indagati si sarebbero avvalsi abusivamente anche dei sistemi informatici e telematici dell'anagrafe tributaria in dotazione all'Agenzia delle Entrate. Un vero e proprio sistema di corruzione quello che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato messo in piedi dai dirigenti indagati, redditizio e poco faticoso.

Il reato di corruzione

Lo scopo sarebbe stato quello di consultare le informazioni necessarie a ottenere gli elementi utili alla conclusione delle pratiche relative ad accertamenti fiscali. In particolare, interessavano i contratti di comodato o successioni, al fine di ottenere l'abbattimento totale o la sensibile riduzione delle somme di denaro richieste dal fisco.

Le cifre richieste dai pubblici ufficiali variavano a seconda dell'importo dell'avviso o della cartella e in base alla complessità della pratica e spaziavano dai 100 euro alle migliaia di euro. I funzionari, in questo modo, favorivano persone che non avrebbero dovuto sapere in anticipo gli accertamenti fiscali effettuati dall'Agenzia delle Entrate.

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