Cronaca locale

Veleno nel the perché "infame". Choc all'Oncologico di Bari

Scandalo all'Istituto tumori: furto di medicinali e peculato, poi le minacce a un infermiere

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L’Istituto tumori “Giovanni Paolo II” di Bari più che una struttura ospedaliera sembra essere l’anticamera dell’inferno. Le indagini giudiziarie avviate qualche tempo fa stanno facendo emergere episodi raccapriccianti che coinvolgono più dipendenti dell’Asl pugliese. Addirittura un infermiere considerato una “spia” dei giudici da parte di alcuni colleghi sarebbe stato avvelenato in reparto riportando una grave disabilità. Questa vicenda, su cui non è stata fatta ancora luce, è la punta dell’iceberg di una serie di comportamenti che diversi operatori sanitari avrebbero assunto nell’ultimo periodo.

L’indagine

La scorsa settimana, come riporta il Corriere della Sera, nei confronti di sei persone sono state disposte misure cautelari. In particolare ad essere coinvolti sono due dipendenti in servizio, ora sospesi, e quattro già in pensione. Le accuse sono di peculato e, in alcuni casi, anche di autoriciclaggio. Gli infermieri e gli operatori socio sanitari avrebbero sottratto medicinali e dispositivi dall'infermeria del reparto di Oncologia medica dell'istituto per riutilizzarli in visite private da fare in nero. Per i sei c'è stato l'interrogatorio di garanzia di fronte alla gip Paola Angela De Santis.

Le minacce

Tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, ma una delle dipendenti ha rilasciato una dichiarazione spontanea. Nei prossimi giorni il legale prenderà i contatti con l'istituto per quantificare i danni e poi procedere alla liquidazione. Ad aggravare ancora di più la posizione degli indagati ci sarebbero le intimidazioni e le minacce tra colleghi. Rompere il muro dell’omertà ha creato scompiglio in ospedale. Nel reparto, comunque, le persone coinvolte nell’indagine giudiziaria non avrebbero rubato solo medicinali e strumenti medici ma anche il denaro direttamente ai pazienti oncologici, ignari dei furti. Proprio dalla denuncia di uno dei familiari dei pazienti derubati è partita l’inchiesta che ha scoperchiato il vaso di Pandora.

La vicenda

I traffici loschi sarebbero avvenuti nel reparto di oncologia medica, diretto dal primario Vito Lorusso, arrestato la scorsa estate perché avrebbe chiesto soldi ai pazienti per alcune visite che dovevano essere gratuite. Una delle infermiere, come fanno sapere gli inquirenti, sarebbe stata beccata in flagrante a rubare soldi a una sua paziente. È stata lei, successivamente, a decidere di collaborare con i giudici e a raccontare cosa accadeva all’Istituto tumori. A quel punto sarebbero cominciate le intimidazioni da parte dei dipendenti coinvolti che hanno cercato in tutti i modi di zittire i colleghi propensi a parlare con gli inquirenti. Secondo questi ultimi un infermiere ex capo sala sarebbe stato addirittura avvelenato con un tè, oggi disabile dopo una trafila riabilitativa lunga e dolorosa, anche se su questo fronte i giudici non hanno ricavato prove per incriminare i presunti colpevoli. Poco chiara, inoltre, la posizione di un imputato che, seppure indagato in un altro processo per ricettazione, continuava a lavorare.

La reazione del direttore dell'Istituto

“Si comincia a fare chiarezza su fatti che risalgono al 2014, fatti che sono stati portati all'attenzione della magistratura dal personale dell'Istituto che, in tutti questi anni, ha attivamente collaborato per chiarire responsabilità e individuare i colpevoli. Siamo dunque contenti che, oggi, ci sia un significativo passo avanti nelle indagini perché questo ci consentirà di adottare i provvedimenti disciplinari sulle due persone ancora in servizio. Le altre quattro, è bene ricordarlo, erano già in pensione quando, nel 2021, il sequestro di materiale sanitario da parte delle forze dell'ordine fece luce sul caso". A parlare è il direttore generale dell'Istituto “Giovanni Paolo II” di Bari Alessandro Delle Donne, in merito ai sei provvedimenti cautelari nei confronti di dipendenti ed ex dipendenti della struttura, eseguiti da agenti della sezione di polizia giudiziaria del capoluogo pugliese.

“Da quando sono partite le denunce, nel nostro Istituto - ha specificato il direttore Delle Donne - è attivo un costante e assiduo monitoraggio del magazzino e delle scorte che garantisce un controllo di ogni singola siringa in uso: uno strumento operativo che, non a caso, ci ha consentito di rispettare al centesimo anche i tetti di spesa farmaceutica richiesti dalla Regione Puglia”.

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