"Mi hanno chiesto 183 euro per pulire il sangue di mio figlio"

La madre del ragazzo investito e ucciso dal poliziotto ubriaco: «Volevano i soldi per bonificare la zona»

"Mi hanno chiesto 183 euro per pulire il sangue di mio figlio"
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L’8 maggio del 2022 il 17enne Davide Pavan (foto), originario di Paese (nel Trevigiano) viene travolto e ucciso dal poliziotto Samuel Seno, che si trova alla guida della sua auto ubriaco.
Sta rientrando da una partita di rugby dopo aver bevuto, quando invade la corsia di marcia opposta e investe un ragazzino in sella al suo scooter. Dopo 16 mesi di procedure legali, udienze in tribunale e accertamenti sull’incidente mortale la dolorosa vicenda si è conclusa il 7 settembre scorso col patteggiamento del 32enne a 3 anni e 6 mesi per aver causato l’incidente mortale in stato di alterazione. Ma le sorprese per i genitori di Davide non erano finite.
Barbara Vedelago ha ricevuto richiesta di pagare i costi della pulizia del luogo dell’incidente dove l’asfalto è rimasto sporco di sangue. Il pagamento di 183 euro per «togliere i rottami e spargere della segatura sul sangue di Davide e sui liquidi del motore rimasti sull’asfalto», spiega in un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera.
«All’inizio pensavamo a un errore o a un brutto scherzo - racconta la mamma di Davide - invece è la burocrazia che non si ferma di fronte a nulla» e manda a casa di una famiglia distrutta per la morte di un ragazzo una fattura per i costi di «bonifica dell’area con smaltimento dei rifiuti e assorbente per sversamento liquidi», così riporta il freddo documento. I genitori del ragazzo morto hanno dovuto pagare di tasca propria per ripulire la «scena del crimine».
Un ulteriore colpo difficile da metabolizzare: «Io, mio marito e il fratellino di Davide ci siamo sentiti abbandonati, come se il nostro dolore non contasse», confessa Barbara. Ma non si tratta dell’unica bizzarria subita dalla famiglia: «Ci è arrivata una raccomandata per avvisarci che il rottame dello scooter era stato dissequestrato e che dovevamo andare subito a ritirarlo, altrimenti avremmo dovuto pagare una penale per ogni giorno di ritardo».
E poi c’è il caso della fidanzatina, che quel giorno Davide aveva appena riaccompagnato a casa. Era stata la prima ad accorrere sul luogo dell’incidente: con una app di geolocalizzazione sul telefonino, aveva notato che mio figlio era fermo ormai da dieci minuti e quindi si è fatta accompagnare dai genitori per capire cosa stesse succedendo. «Quando sono arrivata era distesa sopra di lui, lo abbracciava come volesse riscaldarlo con il suo corpo. È stato tremendo e ancora oggi quella ragazza deve fare i conti con ciò che ha vissuto quel giorno. Eppure il giudice le ha negato la possibilità di costituirsi parte civile: la Legge non lo prevede, perché non erano sposati e lei non è una parente».
Poche ore prima della singolare raccomandata, all’agente sono state riconosciute le attenuanti generiche e intanto i suoi difensori si preparano a chiedere gli sia concessa una misura sostitutiva del carcere. Per effetto dell’applicazione della pena, Seno che dopo una sospensione è tornato in servizio sia pur con compiti di ufficio – quasi certamente potrà evitare il licenziamento. Intanto i genitori di Davide e Samuel Seno si sono incontrati e parlati. «Era molto scosso, gli occhi lucidi.
Già in una lettera, scritta alcuni mesi fa, ci aveva chiesto perdono».


Ma la donna non sa se riuscirà mai a perdonare l’agente: «magari un giorno. Forse, prima o poi, anche lui diventerà papà. In quel momento, guardando suo figlio, finalmente capirà cosa mi ha tolto. E allora sì, troverò la forza di perdonarlo».

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