Cronaca locale

“Non fa pregare gli islamici": l'ultima balla contro il sindaco leghista

Il primo cittadino di Monfalcone Anna Maria Cisint smentisce il racconto del quotidiano e conferma i provvedimenti per la sicurezza già varati a norma di legge

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È strano che i giornali che si prodigano per combattere le fake news siano i primi a diffonderle. L’ultimo caso è quello di Repubblica che, nella sua edizione di oggi, titola: La sindaca leghista alla crociata: “Agli islamici è vietato pregare”. Leggiamo il pezzo e questo virgolettato di Anna Maria Cisint, primo cittadino di Monfalcone non c’è. Gli unici che parlano di divieto per gli islamici sono i musulmani stessi e, di striscio, i due sacerdoti della città. Mai un divieto simile è arrivato dalla Cisint che, contattata dal Giornale, si dice sbalordita da questo articolo e che non ha mai rilasciato dichiarazioni simili a Repubblica.

Il quotidiano di sinistra fa infatti riferimento alle parole pronunciate dalla Cisint a Firenze, in occasione della convention sovranista organizzata da Matteo Salvini. Anche in quel caso, però, il sindaco non ha mai posto alcun divieto. Se non quelli dettati dalla legge. Nel piano regolatore del comune di Monfalcone, infatti, non è prevista alcuna moschea. Inoltre, i due centri che sono stati chiusi, e che di fatto fungevano da luoghi di culto, non erano a norma per ospitare così tante persone. Sono stati chiusi, insomma, per motivi di sicurezza. Stop.

Esiste poi un problema di possibile radicalizzazione? Certo. E il sindaco non l’ha mai negato. Del resto, proprio a Monfalcone, si sono levate le urla Allah Akbar in sostegno del popolo palestinese. Ma non solo. Le moschee abusive rappresentano il luogo più adatto per terroristi o aspiranti tali per fare proselitismo. I casi sono molti e l’ultimo è quello di Milano. Anche perché a Monfalcone gli stranieri sono ormai seimila, su una popolazione di trentamila anime. Una percentuale da capogiro che deve essere monitorata. E non per una questione di razzismo. Ma di sicurezza.

Gran parte di questi seimila stranieri sono infatti islamici. Credono quindi in una religione difficilmente integrabile al nostro stile di vita. Come dimostra il caso delle spose bambine, che spesso tornano nei loro Paesi di origine per contrarre matrimonio spesso contro la loro stessa volontà. Ma non solo. Far crescere così grandi comunità di stranieri al fianco degli italiani può dare problemi di sicurezza. Come dimostrano anche i fatti di Crepol, dove alcuni immigrati hanno attaccato dei francesi, uccidendone uno, solamente perché francesi. Il razzismo non c’entra dunque. È una questione di legalità. Ed è bene farci i conti prima che sia troppo tardi.

Il tempo vola.

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