"Niente nozze combinate". E il padre della sposa ammazza il capo rom

Il padre della sposa è stato condannato a cinque anni di reclusione con l'accusa di omicidio volontario

"Niente nozze combinate". E il padre della sposa ammazza il capo rom

Il matrimonio combinato tra due importanti famiglie rom salta e scoppia una vera e propria guerra nella periferia sud di Roma: un conflitto, peraltro, a causa del quale muore un uomo.

È questo lo scenario che fa da sfondo a una vicenda dai risvolti drammatici che si è conclusa dopo anni in tribunale con una condanna per omicidio colposo.

I fatti

Tutto ha origine dalle nozze tra Moreno e Selli, rampolli ancora minorenni rispettivamente delle famiglie Halilovic e Hadjovic. I congiunti del giovane marito sborsano una cifra di 12mila euro di dote agli Hadjovic per sancire l'accordo. La ragazza, oltretutto, rimane incinta quasi subito. Nel frattempo gli Halilovic decidono di spostarsi in Francia, ed è qui che cominciano i problemi. Selli inizia infatti ad accusare il giovane marito di violenze, puntando il dito anche contro i familiari di quest'ultimo, rei di non aver fatto nulla per proteggerla pur essendo a conoscenza di quanto stava accadendo. Chi non tollera più la situazione è in primis il padre della sposa Redjep, a capo degli Hadjovic di Roma. Passano solo pochi mesi e gli Halilovic decidono di fare ritorno in Italia: si vengono così a creare le condizioni per strappare la giovane Selli al violento marito.

La liberazione

È il 4 settembre del 2015, quando, con un blitz improvviso, il padre riesce a liberare la ragazza e a riportarla a casa. Un intervento che fa montare su tutte le furie la famiglia dello sposo. Gli Halilovic, che per il matrimonio avevano versato 12mila euro, vedono come un affronto il fatto che la donna sia stata sottratta con l'inganno dalla casa del marito e a nulla serve motivare il gesto con le presunte violenze subite dalla stessa. Nasce un clima di tensione tra i due clan, ogni giorno sempre più vicini allo scontro. Per evitare un conflitto si sceglie di intraprendere la via della diplomazia. I membri delle famiglie più inclini a concludere in modo pacifico la vicenda si mettono alla ricerca di saggi a cui affidare il giudizio sulla vicenda. Una ricerca che va a buon fine: il consiglio dei saggi, scelti all'interno della comunità nomade di Roma, ha in programma di riunirsi per valutare la diatriba in data 12 settembre 2015.

Lo scontro

La situazione, tuttavia, precipita proprio il giorno prima. L'11 settembre gli Halilovic entrano in azione. Una trentina di individui con mazze da baseball e armi improvvisate, tra i quali numerosi minorenni, compie un'incursione nel campo rom dei rivali, sito in piazzale dei Militari caduti nei lager. I due leader, Redjep Hadjovic e Renato Halilovic, si confrontano a parole, ma in breve scoppia il conflitto. Una rissa violentissima che vede coinvolte decine di persone. Moreno, il marito della giovane riportata a casa dal padre, sale a bordo di una Fiat Stilo e cerca di mettere sotto qualche rivale. Il padre della sposa Redjep si mette al volante del suo Ducato per contrastare il genero, ma nella manovra travolge il nonno di quest'ultimo (quindi il padre del leader degli Halilovic): Gimi, peraltro uno dei pochi che cercava di fare da paciere sul campo di battaglia, muore sul colpo.

La sentenza

Nelle oltre 50 pagine della sentenza depositate ieri

presso il tribunale di Roma emerge non solo tutta la complessa vicenda ma anche i delicati equilibri interni alla comunità rom: accusato di omicidio colposo, Redjep viene condannato a 5 anni di reclusione.

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