La foto, la collanina, la "scarrellata". Un altro fermo per la strage di Monreale

Il 19enne Mattias Conti si è presentato nella caserma di Monreale con il proprio legale, e adesso si trova in carcere. Le parole del pm

La foto, la collanina, la "scarrellata". Un altro fermo per la strage di Monreale
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Si torna a parlare del terribile fatto di sangue avvenuto nella notte fra sabato 26 e domenica 27 aprile a Monreale (Palermo); episodio di violenza che ha portato alla morte dei giovani Massimo Pirozzo, Salvatore Turdo e Andrea Miceli. Nel corso di queste ultime ore gli inquirenti hanno fermato un altro soggetto che avrebbe preso parte alla terribile sparatoria verificatasi in piazza Guglielmo II.

Dopo l'arresto di Salvatore Calvaruso e Samuel Acquisto, fermati il 27 aprile e il 4 maggio scorsi, è la volta del 19enne Mattias Conti, del quartiere San Filippo Neri. Dopo essere stato a lungo irreperibile, il ragazzo si è presentato alla caserma dei carabinieri insieme al legale che sta giudando la sua difesa. Stando agli investigatori, anche Conti avrebbe impugnato la pistola e sparato. A incastrarlo sarebbe stata una foto postata sui social dalla fidanzata di una delle vittime. Nello scatto, Conti si trova con uno degli indagati. Conti è stato riconosciuto grazie a una collana in cui è raffigurato Lino Celesia, un ragazzo ucciso nel dicembre 2023 davanti a una discoteca di Palermo. Tale collana è stata descritta anche da uno dei testimoni.

"Effettivamente, come risulta sia dalla foto estrapolata dal social network Tik tok scattata verosimilmente la stessa sera della sparatoria, nonché da altre fotografie, anch'esse estrapolate dai social network ritraenti lo stesso Conti, indossava una collanina con appesa una piastrina ritraente l'immagine di un ragazzo. Trattasi dunque di un riscontro dotato di rara portata individualizzante", scrive il pm, come riportato dalle agenzie di stampa."Sicché non sussiste alcun dubbio circa la certa identificazione di Conti Matias quale passeggero del motoveicolo ed autore degli spari".

Secondo il pubblico ministero la condotta dell'indagato intregra "tutti gli elementi costitutivi del delitto di strage di cui all'art. 422 c.p.". Anche il 19enne, dice l'autorità giudiziaria, avrebbe fatto fuoco e ad altezza d'uomo in un tratto di strada molto affollato. I segni lasciati dai proiettili sono inequivocabili. "È stato infatti solo un caso che le persone attinte dai proiettili siano state solo cinque, di cui tre mortalmente, e non si siano invece prodotte più vittime", afferma il pm. "La condotta dell'indagato (e dei suoi complici) ha certamente messo a repentaglio la vita di una pletora sterminata di soggetti presenti sul luogo dei fatti (non solo di quelli deceduti e di quelli causalmente feriti) ma altresì di qualsivoglia passante o soggetto che si trovasse nei paraggi per mera casualità, non previamente individuato quale bersaglio della condotta posta in essere. Il numero dei colpi esplosi e il luogo in cui è avvenuto il fatto non lascia spazio ad alcun dubbio circa la sussistenza di tutti gli elementi costituivi della fattispecie del delitto di strage".

Intanto ulteriori conferme arrivano dai racconti dei testimoni. Uno dei giovani che si trovava presente durante la sparatoria ha parlato della lite avvenuta fra i ragazzi in prossimità del Bar 365 e della Unicredit. Ha poi affermato di aver udito degli spari, che lo hanno messo in fuga. Il testimone avrebbe poi visto "una moto di grossa cilindrata che proveniva da via Palermo e girava verso via benedetto d'Acquisto con due soggetti a bordo senza casco.

Posso riferire con certezza che il passeggero della moto di grossa cilindrata, dopo essersi alzato sulla motocicletta, estraeva dalla schiena una pistola e, dopo aver 'scarrellato', esplodeva diversi colpi d'arma da fuoco".

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