Anna Laura potevamo essere noi. Piazza Gae Aulenti è la piazza di tutti, quella in cui incroci chiunque in un crocicchio di persone infinito, dove raramente alzi la testa ma vai dritto per la tua strada, quella dove sfiori con la manica ma non conosci quasi mai.
Per questo la notizia dell'accoltellamento ha dell'inquietante. E ieri sera, quando l'uomo era ancora a piede libero, le colleghe della donna si sono fatte accompagnare a casa, si sono fatte venire a prendere dai martiti all'ingresso dell'ufficio, proprio dove Laura è stata accoltellata. Cosa sta succedendo alle nostre piazze? Alla nostra libertà? Giriamo la domanda a Flaminio Squazzoni, docente di Sociologia alla Statale di Milano.
La gente ha paura, il senso di sicurezza crolla, soprattutto se, come sembra, l'uomo che ha accoltellato Laura lo ha fatto pescando a caso tra la gente.
«Gae Aulenti è la piazza di tutti, la piazza di tutti i giorni, quindi è normale che la notizia colpisca molto. Vengo in soccorso della paura della gente, giustamente spaventata, con i dati statistici: le aggressioni e gli atti violenti sono in diminuzione costante in questi ultimi anni».
Però un estraneo che impugna un coltello e ti assale in pieno giorno, in mezzo alla gente, è uno scenario da film horror.
«Ovviamente bisogna capire di più di questa storia. Servirà un approccio biografico dell'aggressore prima che un quadro sociologico. Quando verrà catturato, si capirà il suo passato, il suo movente, il suo trauma».
Può essere un caso anche che sia stata accoltellata una donna?
«Anche questo è da capire ma è difficile sia casuale che il bersaglio sia stata una donna. Andrà indagato il rapporto di questo individuo con il genere femminile. Ci sono ancora tanti elementi oscuri, ma cerchiamo di contenere l'allarmismo».
La violenza gratuita, immotivata, folle sembra sempre più presente nelle cronache.
«Socialmente ci sono molti segnali che ci dicono come la violenza stia tornando a essere un regolatore dei rapporti. Anche se i dati dicono una cosa, la percezione è che ci sia una recrudescenza nell'uso della violenza».
Le relazioni diventano sempre più complicate e siamo portati a diffidare sempre di più dell'altro.
«La crescente individualizzazione è la cifra della nostra società di questi anni. Dobbiamo imparare a ritrovare i rapporti, la solitudine è in aumento. Viviamo come monadi isolate, la relazione è un recetto da costruire e non è più naturale come lo era un tempo».
Siamo più bravi a relazionarci sui social?
«I social non ci aiutano di certo a comunicare con gli altri, sono una finta relazione, una simulazione e ci disabituano alla vita vera».
Ammesso che l'aggressore sia uno sconosciuto, non sono preoccupanti i dati in crescita sui disturbi psichici non curati? Si tratta di persone instabili mai prese in carico da nessuno, irrisolte e potenzialmente pericolose.
«Questo è un grosso problema. Si tratta di persone abbandonate e sole. E fragili».
La fragilità sembra il denominatore comune di tutti.
«Lo è soprattutto dei ragazzi giovani, principalmente maschi».