
Orrore a Gemona, Udine. Ucciso, fatto a pezzi e gettato in un bidone con la calce viva. Fermate la compagna e la madre della vittima. Alessandro Venier, 35 anni, è stato ammazzato da Marilyn Castro Monsalvo, 31 anni, e da sua madre, Lorena Venier, 61 anni, al culmine dell'ennesimo litigio. A scoprire il cadavere i carabinieri allertati dalla giovane, madre di una bimba di sei mesi.
Sono le 10,30 di ieri quando arriva una telefonata al 112. «Ho ucciso il mio uomo». Con un filo di voce la Monsalvo, colombiana, confessa quello che i criminologi definiscono un delitto d'impeto. Un omicidio avvenuto al termine di una lite furibonda. La giovane, in cura presso il centro di salute mentale di Udine per depressione post-partum, avrebbe provato a difendersi. Continui i soprusi che la compagna e la suocera erano costrette a subire. Violenze quotidiane nonostante la nascita della bambina. A scatenare la lite a tavola l'accusa di non collaborare in casa, di non aver preparato la cena, in particolare, nonostante l'uomo fosse nullafacente.
Al 47 di via dei Lotti si precipita una radiomobile dell'Arma. Sono le due a portare i carabinieri nella cantina dove sono nascosti i resti dell'uomo. Il cadavere, diviso in tre tronconi, è immerso in più strati di calce viva all'interno di un fusto. L'intenzione è quella di eliminarlo senza lasciare traccia. Il corpo scarnificato è lì da giorni, secondo la perizia del medico legale. Ucciso con un coltello forse dopo averlo avvelenato con farmaci antidepressivi. Arriva la scientifica mentre le donne vengono portate al comando provinciale per una prima ricostruzione dei fatti, in attesa dell'interrogatorio vero e proprio.
Entrambe si addossano la colpa del delitto. «Non ce la facevamo più a sopportare Alessandro» avrebbero confessato. Lorena, infermiera professionale, è conosciuta e benvoluta in paese. «Si è sempre prodigata per aiutare gli altri» dicono di lei. Amante degli animali, pubblica di continuo sui social foto e video del proprio cane Ugo e del suo gattino. Poi foto dell'anziana madre e del figlio, abbracciati in occasione del compleanno della nonna: «I grandi amori della mia vita» posta su fb. Manco a dirlo, il suo profilo è stato preso d'assalto da haters di ogni tipo. Tanto da far intervenire il pm che segue le indagini. «Invito tutti alla massima cautela - sottolinea la sostituta procuratrice di Udine, Claudia Danelon - Stiamo valutando ogni singolo aspetto di questa vicenda e serve analizzare nel dettaglio le ricostruzioni fornite dalle persone coinvolte per attribuire correttamente le singole responsabilità». «Il quadro della vicenda familiare - conclude il magistrato - è abbastanza complesso ma occorre completare tutti gli accertamenti, medico e scientifici, per poter confermare in tutto o in parte le ammissioni delle persone che si sono auto accusate del delitto».
Un fatto di sangue che ha sconvolto la cittadina friulana, nota per il terremoto del 1976 che l'ha decimata con 400 morti sotto le macerie. «Li sentivamo litigare spesso - dicono i vicini - ma mai avremmo pensato a tanto». Il pm ha disposto la rimozione dei resti, portati all'Istituto di Medicina Legale dove verrà eseguita l'autopsia e gli esami tossicologici. «A mia memoria - commenta il sindaco di Gemona, Roberto Revelant - non è mai successa una cosa del genere qui. È un fatto gravissimo, straziante.
La bambina ora ha bisogno di ricostruirsi una vita. Tutta Gemona si stringe attorno a lei. Dobbiamo garantirle sicurezza e un futuro dignitoso». Oggi l'interrogatorio di convalida del fermo per entrambe, accusate di omicidio volontario e occultamento di cadavere.