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Donna uccisa, rintracciato il marito: ha cercato di impiccarsi, è grave

Era in un bosco. Un tubo di ferro l'arma del delitto

Donna uccisa, rintracciato il marito: ha cercato di impiccarsi, è grave
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È finita la fuga dell'uomo che mercoledì ha ucciso la moglie in provincia di Ancona. Nazif Muslija, il 50enne di origine macedone fuggito dopo il femminicidio della moglie, Sadjide Muslija, avvenuto a Pianello Vallesino di Monte Roberto, è stato trovato gravemente ferito in un bosco nella frazione Braccano di Matelica (Macerata) dopo aver tentato il suicidio.

Per trenta ore aveva fatto perdere le sue tracce, in fuga a bordo della sua Smart bianca mentre la Procura di Ancona lo cercava anche all'estero, tanto da avere emesso nei suoi confronti un mandato di fermo internazionale con l'accusa di omicidio volontario aggravato. In realtà non era andato troppo lontano, aveva abbandonato la Smart, poi ritrovata nei paraggi, e ha cercato di togliersi la vita nel maceratese, impiccandosi ad un albero. Un cacciatore lo ha visto e lo ha liberato dal cappio. Dopo averlo riportato a terra ha dato l'allarme. I sanitari del 118 lo hanno stabilizzato sul posto e poi lo hanno trasferito in gravi condizioni all'ospedale di Camerino, dove è piantonato dai carabinieri. Non sarebbe in pericolo di vita.

Poche ore prima che venisse rintracciato, gli investigatori di Ancona avevano trovato lungo il muro esterno della casa del delitto un tubo di ferro da cantiere che potrebbe essere l'arma usata per uccidere Sadjid, probabilmente mercoledì all'alba, con svariati colpi al volto e al torace. Il tubo di ferro, su cui ci sarebbero tracce di sangue, è stato repertato assieme ad altri oggetti. Ora dovrà essere analizzato nel dettaglio per individuare eventuali impronte. I due, che lavoravano in due aziende come operai, vivevano da anni nella zona. Conducevano una vita riservata, pochi contatti e poche amicizie. Ad aprile lei avevano denunciato il marito dopo che l'aveva aggredita e inseguita con un'ascia fino in camera da letto, la stessa dove è stata poi uccisa. In 50enne era stato arrestato e aveva patteggiato un anno e dieci mesi di reclusione per i maltrattamenti alla moglie. Lei intanto lo aveva perdonato e gli aveva consentito di tornare a casa.

Muslija avrebbe dovuto affrontare un percorso di un anno in un Centro per uomini autori di violenza. Erano previsti incontri ogni due settimane, per una durata totale di 60 ore. Ma le cose sono andate diversamente perché - come ha spiegato l'avvocato dell'uomo, Antonio Gagliardi - «non c'era posto nell'associazione indicata dal percorso». Tanto che la procuratrice capo di Ancona, Monica Garulli, ha parlato di «una storia che lascia l'amaro in bocca»: «Non si possono trattare tutti i casi di violenza nello stesso modo. Credo che questo caso avrebbe meritato una corsia preferenziale, che nel caso in specie non c'è stata. Nel momento in cui si individua una struttura deputata al percorso di recupero, per evitare il pericolo di recidiva bisogna comprendere qual è il pericolo di recidiva e differenziare i percorsi a seconda della gravità dei fatti».

La polemica è rimbalzata fino al Centro antiviolenza di Ancona, dove la presidente dell'associazione che lo gestisce, Roberta Montenovo, sollecita misure più adeguate: «Si dovrebbe fare una valutazione del rischio in previsione di un possibile comportamento di escalation in senso negativo».

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