La lite e la "chierica". Braccio di ferro sull'archiviazione del caso di Cristina Golinucci

Sarà chiesta l'archiviazione per il caso di Cristina Golinucci, ma la madre non si rassegna: ora si cerca una supertestimone e un richiedente asilo che confessò il delitto

La lite e la "chierica". Braccio di ferro sull'archiviazione del caso di Cristina Golinucci
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Si va verso l’archiviazione delle indagini, riaperte per la nona volta, per il caso della scomparsa di Cristina Golinucci: ma la famiglia non ci sta e, insieme con l’associazione Penelope, presenterà la sua opposizione. Golinucci scomparve l’1 settembre 1992: si era recata al convento dei Cappuccini di Cesena, città in cui viveva, con la sua Fiat 500 blu e parlare con il suo padre spirituale fra’ Lino Ruscelli. Ma di Cristina è stata ritrovata solo la vettura, ferma nel parcheggio del convento.

Tuttavia c’è ancora una speranza. Ospite di “Chi l’ha visto?” Ieri sera, la madre di Cristina Marisa Degli Angeli ha raccontato di una testimonianza inedita: una donna avrebbe rivelato alla sua parrucchiera di essere stata nei pressi del convento, al seguito della figlia intenta a fare jogging, il giorno della scomparsa della giovane. La donna, una potenziale supertestimone così come sua figlia, avrebbe visto Cristina dalle scale del parcheggio: la scomparsa in quel momento stava avendo una discussione animata con un uomo.

La descrizione dell’uomo viene riportata in trasmissione dal presidente di Penelope Nicodemo Gentile: “Un uomo più grande di Cristina. Lei (la donna che ha parlato con la parrucchiera, ndr) dice proprio queste parole: ‘la chierica” dice. All’inizio sembrava il colloquio tra Cristina e un famigliare, perché una persona più grande, e poi è come se quest’uomo fosse riuscito a calmarla”.

Le indagini svolte dalla procura di Forlì si sono volte in tre direzioni: si è indagato su tre uomini. Il primo è un infermiere con problemi psichici, che più volte sarebbe andato in convento chiedendo di farsi frate, ma ha affermato di non aver mai conosciuto Cristina. Il secondo è un volto conosciuto nel mondo del volontariato locale, del quale la scomparsa faceva parte, ma al tempo stesso un presunto predatore, denunciato già da due donne per molestie sessuali: le intercettazioni non hanno però dato esiti significativi.

Infine c’è stata la pista di Emanuel Boke, un richiedente asilo noto alle forze dell’ordine per violenza sessuale e che, al tempo della scomparsa di Golinucci, era ospite al convento. Pare che Boke avesse addirittura confessato di aver ucciso Cristina, ma questa presunta confessione sarebbe stata taciuta per anni da un religioso. Nel 2017 nelle carceri francesi è stata riscontrata la presenza di tale Emanuel Boke, arrestato per reati sessuali, ma non è dato sapere se si tratti di un caso di omonimia.

Le indagini verranno chiuse, come hanno specificato il procuratore capo Maria Teresa Cameli e il pm Laura Brunelli, perché “le lacune investigative pregresse sono difficilmente colmabili”: molte delle persone potenzialmente informate sui fatti sono morte o molto anziane tra l’altro. Marisa Degli Angeli però non si rassegna e vuole “chiudere il cerchio”: “Noi non abbiamo mai saputo quante persone erano al concento quel giorno, in quel periodo.

Poi spuntano tante persone. Perché chi veramente sa la verità o era lì… per questo ho fatto un appello da mamma, perché dobbiamo avere la verità su ciò che è successo a Cristina”, ha chiosato a “Chi l’ha visto?”.

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