
Una svolta sul caso del Mostro di Firenze potrebbe arrivare dall'esito dell'esame del Dna effettuato dalla procura della Repubblica per far luce sul caso di Natalino, il bimbo di 6 anni che scampò alla furia dell'omicida della madre Barbara Locci e del suo amante Antonio Lo Bianco.
Il test ha rivelato infatti che, contrariamente a quanto si pensava, il piccolo non era figlio di Stefano Mele, marito della donna assassinata in quell'estate del 1968 e unico condannato per il delitto. In realtà il padre biologico di Natalino risulta essere Giovanni Vinci, un altro dei tanti amanti di Barbara Locci nonché fratello maggiore di Salvatore e Francesco, finiti indagati per i delitti seriali attribuiti al cosiddetto Mostro.
E proprio quella che venne allora ribattezzata "la pista sarda" fu una di quelle battute dagli inquirenti per risalire all'identità dell'autore o degli autori degli omicidi avvenuti nel fiorentino. Una tesi fondata sulle presunte gelosie, vendette e rivalità familiari che ruotavano attorno alla figura di Barbara Locci, uccisa a Lastra a Signa insieme all'amante Antonio Lo Bianco. La donna, originaria dell'Isola, ebbe numerose relazioni con altri uomini sardi, tra i quali proprio Giovanni Vinci.
Lo stesso Vinci era stato inserito nel "clan" di sardi finito nel mirino degli inquirenti fin dal 1982: tuttavia, nonostante l'arresto di Francesco e i forti sospetti su Salvatore, l'inchiesta non portò a nulla. Giovanni, deceduto da anni, fu a lungo considerato così come i fratelli un tassello fondamentale per risalire non solo agli autori di quel duplice omicidio ma anche a quelli dei sette duplici delitti avvenuti nelle campagne fiorentine fino al 1985, essendo stati compiuti tramite la medesima beretta calibro 22. E questo nonostante il fatto che ci fossero a livello investigativo delle evidenti difficoltà a creare una connessione tra l'omicidio di Lastra a Signa e quelli successivi.
Per l'assassinio di Barbara Locci e del suo amante Antonio Lo Bianco pagò Stefano Mele, marito della donna, ritenuto fino a poco tempo fa il padre dell'unico superstite Natalino, il quale, presente all'interno della stessa auto in cui si trovava la coppia, fu risparmiato dall'omicida. L'esito dell'analisi del Dna potrebbe riscrivere la storia: l'assassino era a conoscenza dell'identità del vero padre del bambino?
La scoperta si deve al lavoro del genetista Ugo Ricci, colui che è riuscito nel caso di Garlasco a ritrovare e isolare il Dna di Andrea Sempio sotto le unghie della povera Chiara Poggi. L'esito del test potrebbe per l'ennesima volta riaprire la "pista sarda", quella cioè che coinvolgerebbe i fratelli Vinci: in effetti non è mai stato chiarito il motivo per cui il killer avrebbe risparmiato la vita al bambino, né come quest'ultimo, che non ricorda nulla di quella notte, avrebbe raggiunto da solo e al buio in una strada dissestata un'abitazione lontana qualche chilometro dal luogo del duplice omicidio. Informato dei fatti, Natalino ha dichiarato di non aver mai conosciuto Giovanni Vinci.
La palla passa ora nelle mani dei pubblici ministeri Ornella Galeotti e Beatrice Giunti, che dovranno mettere a frutto questo nuovo importantissimo elemento per comprendere quanto peso possa avere nell'inchiesta sul Mostro di Firenze.