Leggi il settimanale

Si tutelano i carnefici e si puniscono le vittime

Una visione buonista, malata, considera la devianza un fenomeno da coccolare e i cittadini delle potenziali minacce da tenere a bada

Si tutelano i carnefici e si puniscono le vittime

Dott. Feltri, vorrei porre questa domanda: è giusto che una persona onesta, che ha deciso di aprire un'attività, che produce reddito non solo per se stesso ma per tutti, infatti chi paga le tasse contribuisce alla spesa pubblica e pertanto alla collettività, che offre un servizio al cittadino dove chiunque può fare acquisti per sé o per farne dei regali, che deve pensare a soddisfare oltre alle incombenze della propria attività, anche a tutte quelle fiscali, se ha la disgrazia di subire la visita di un delinquente che non lavora e che non paga le tasse, la sua vita (e quella della sua famiglia) venga immediatamente e irrimediabilmente distrutta? Tutto il lavoro della sua vita viene infatti drasticamente interrotto deve vendere tutto quello che ha guadagnato in anni di lavoro e con grandi sacrifici per pagare le spese legali e risarcire, questa è bella, chi gli ha devastato la vita. In un Paese dove chi dovrebbe essere giudicato perché rimette in libertà delinquenti con troppa facilità favorendo questi episodi, è quello che poi giudica e condanna le vittime di questa follia, nella quale si tutelano i carnefici al posto delle vittime, i carabinieri vengono indagati e i delinquenti difesi, temo che abbia ragione Trump quando afferma che fra 20 anni l'Europa sparirà.

Mario Brambilla

Caro Mario,
tu poni una domanda semplice e, allo stesso tempo, devastante: com'è possibile che in Italia chi lavora, paga le tasse, apre un'attività, mantiene una famiglia e contribuisce al benessere collettivo debba vivere nel terrore di essere rovinato non solo dai criminali, ma persino dallo Stato che dovrebbe proteggerlo? Il caso del gioielliere, l'ennesimo lavoratore che, dopo aver subito una rapina armata, rischia la condanna e addirittura il risarcimento ai familiari dei delinquenti, è l'immagine più fedele di un Paese che ha smarrito il senno. E lo dico senza giri di parole: siamo diventati la patria dell'assurdo giuridico.

Qui un criminale entra armato nella tua attività, ti punta la pistola, minaccia te e la tua famiglia, ti devasta la vita e, se tu reagisci, se tu ti difendi, se tu cerchi di restare vivo, che è qualcosa di istintivo, improvvisamente diventi tu l'indagato, il «pericoloso», il «sospetto». Il ladro, invece, assurge al ruolo di vittima, anzi di martire e di eroe. E i suoi parenti, che non hanno mai chiesto scusa per i reati dei loro congiunti, avanzano pure la pretesa di essere risarciti. Una follia. Una follia giuridica, morale e culturale. Perché vedi, caro Mario, il nodo è proprio questo: in Italia la criminalità è attenuata, giustificata, compresa, mentre il cittadino onesto è trattato come un problema, un intralcio, un fastidio. I giudici rilasciano con scandalosa facilità chi delinque, e poi si accaniscono su chi si difende. È il mondo al contrario: il carnefice tutelato, la vittima sotto processo. Non è soltanto una stortura giudiziaria, è pure un vizio ideologico che da anni affligge la nostra società.

Una visione buonista, malata, che considera la devianza un fenomeno da coccolare e i cittadini delle potenziali minacce da tenere a bada. Ora, che cosa avrebbe dovuto fare quel gioielliere? Aspettare che gli sparassero addosso? Invitare i rapinatori a sedersi per una tazza di tè? Abbracciarli? Invitarli a cena? Oppure recitare un rosario sperando nella benevolenza del delinquente di turno? Difendere se stessi e la propria famiglia non è un crimine. È un diritto ed è anche un dovere. È la base di qualsiasi società civile. Lo sapevano i Romani duemila anni fa, ma sembriamo averlo dimenticato oggi. E poi l'aspetto più grave: i figli del gioielliere rischiano di essere trascinati in una spirale legale ed economica che non meritano. Perché? Perché il loro padre ha avuto paura. Perché ha reagito istintivamente a un'aggressione. Perché non si è lasciato ammazzare in silenzio.

Uno Stato che permette questo è uno Stato debole e vigliacco che punisce il coraggio e premia la prepotenza. E mi spiace dirlo, ma hai ragione tu: se continuiamo così, la nostra civiltà si autodistruggerà ben prima dei 20 anni previsti da Trump. Siamo già finiti, come ho già avuto modo di spiegare. La legittima difesa non è un capriccio, non è un hobby per esaltati. È il confine minimo sotto il quale un Paese smette di essere una democrazia e diventa un condominio allo sbando. È ora di fare valere un principio: un criminale che va a rapinare un negozio accetta il rischio delle proprie azioni. Una persona perbene che lavora non deve accettare quello di finire sotto processo. Se la giustizia non riesce a distinguere tra chi aggredisce e chi si difende, non è più giustizia. È un oltraggio al buonsenso.

Occorre una riforma seria, drastica, immediata, affinché chi entra armato in un'attività altrui sappia che si assume il rischio di non uscirne vivo. E chi si difende deve essere tutelato, non perseguitato. Punto. Se questo concetto dà fastidio a qualcuno, non è un problema nostro.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica