
«Ho fatto una ca....., lo so» ha detto subito ai carabinieri del Nucleo Radiomobile che, dopo averlo rintracciato mentre si nascondeva, tutto rannicchiato, sul pianerottolo di un condominio di via Mincio, lo hanno arrestato con l'accusa di omicidio volontario. A loro ha spiegato così come poco prima aveva cercato disperatamente di difendere la sorella da suo marito, a suo dire un uomo particolarmente violento. Una lite furibonda quella che il pregiudicato 30enne di origine ecuadoriana Bryan Josè Vera Siguenza avrebbe ingaggiato sabato sera in strada, al Corvetto, all'angolo tra piazzale Ferrara e via Mompiani, poco prima di mezzanotte, con il cognato, suo connazionale, Jefferson Gabriel Garcia Jimenez, 32 anni. Botte e pugni arrivano dopo una discussione molto animata davanti a un gruppo di persone, e degenerano in una manciata di secondi ferali in un omicidio in piena regola quando si passa dalle mani ai coltelli: Garcia Jimenez, caduto a terra in mezzo al sangue, è stato trasportato d'urgenza al Niguarda, ma le sue ferite erano così gravi che i medici non sono riusciti a salvarlo ed è morto poco dopo il suo arrivo in ospedale.
In realtà quando i militari dell'Arma sono arrivati l'altra sera al Corvetto, in terra, sul marciapiede, hanno rinvenuto solo il ferito, già in condizioni disperate. Intorno non c'era nessuno, solo una ragazzina che dopo un po' ha detto agli uomini in divisa che «lo zio» (Bryan Josè Vera Siguenza) era corso via, verso piazza Anghilberto, indicando la direzione. È stato proprio seguendo le indicazioni della piccola, quindi, che i carabinieri si sono messi sulle tracce del presunto assassino. Hanno saputo così che, immediatamente dopo l'omicidio l'uomo, a torso nudo, si era allontanato correndo dal luogo dove aveva accoltellato il cognato per andare a citofonare insistentemente ai palazzi accanto. Dopo aver domandato quà e là gli investigatori sono quindi entrati al piano rialzato di uno stabile di via Mincio e lì hanno trovato il 30enne, sudatissimo e con parecchie ferite sul volto e sulla nuca, che ha ammesso di essere il responsabile dell'omicidio del cognato.
È stato allora che Bryan Josè Vera Siguenza, mentre cercava di tamponare il sangue sulle braccia piene di tatuaggi, ha spiegato di aver avuto poco prima una lite con Garcia Jimenez, ma di essere intervenuto esclusivamente in
difesa della sorella; quindi, dopo il ferimento mortale era corso via, abbandonando il coltello per strada, dopo averlo lanciato lontano. Una volta che è stato medicato al Fatebenefratelli per lui sono scattate le manette.