Cronache

"Non mi rimangio nulla". Lo sfogo di Zangrillo contro i catastrofisti

Ospite a L'aria che tira su La7 dopo un lungo periodo di assenza televisiva, Alberto Zangrillo ha analizzato l'attuale situazione epidemiologica ed è tornato sulla sua frase relativa al "virus clinicamente morto"

"Non mi rimangio nulla". Lo sfogo di Zangrillo contro i catastrofisti

Alberto Zangrillo, direttore della Terapia intensiva dell'ospedale San Raffaele di Milano, è stato ospite de L'aria che tira, il programma di approfondimento politico dell'ora prandiale di La7. Il professore ha diradato notevolmente le sue apparizioni televisive negli ultimi tempi, nonostante le numerose richieste di intervento. Un anno fa, Zangrillo pronunciava una frase che gli avrebbe attirato contro numerose critiche: "Oggi è il 31 maggio. Il virus, dal punto di vista clinico, non esiste più". Dodici mesi dopo, il professore è tornato su quell'affermazione, rivendicandola: "Non sono stato per nulla audace, ho semplicemente fotografato la realtà. Il clinico fotografa la realtà e se è bella si sente spinto a renderla pubblica. Non mi rimangio una virgola, quella frase è stata oggetto di speculazione da parte di tristi personaggi in cerca di una ribalta. Ho dato loro da mangiare per un anno".

Il professore, quindi, ha fotografato con realismo l'attuale situazione, volgendo lo sguardo anche al futuro per migliorare il trattamento del coronavirus: "Ora accade quello che è accaduto un anno fa, con l'aggiunta che abbiamo un presidio fondamentale come i vaccini. Non dobbiamo dimenticarci una cosa fondamentale: la cura sul territorio. Se ci chiudiamo in ospedale, abbiamo perso in partenza".

Alberto Zangrillo, quindi, ha ricordato quanto da lui detto nell'aprile 2020: "Dissi che dobbiamo imparare a convivere con il virus. Non sappiamo quanto i vaccini ci tuteleranno, auspichiamo tutti in grande misura. Ma siccome i virus circolano, bisogna identificarli nelle persone e bisogna curare i pazienti tempestivamente. Resto ottimista se diamo spazio alle misure che hanno reso grandioso il nostro sistema sanitario nel mondo".

Il primario della terapia intensiva dell'ospedale San Raffaele, quindi, ha ribadito che "ci siamo fatti del male da soli dipingendo un numero di morti superiore a quello di altri Paesi che hanno semplicemente contato in modo diverso". Nonostante la sua grande esperienza, a differenza di alcuni colleghi, Alberto Zangrillo non si spinge a fare previsioni per il futuro: "Non so quello che accadrà tra 3 mesi. Dobbiamo lasciare poco spazio ai 'frati indovini' che sparano una cosa prima degli altri sperando che si riveli giusta. Qualcuno dice che arriveranno le varianti. Cosa facciamo? Ci chiudiamo nel fortino o sviluppiamo gli strumenti?".

Quindi, il professore rimarca il ruolo fondamentale dei medici di medicina generale, da lui considerati come "fulcro del sistema sanitario". Quindi, Zangrillo punge i colleghi che in questi mesi sono stati presenzialisti in tv: "Molte persone hanno speso in Tv il loro tempo mettendosi un camice in fretta per far vedere che parlavano da un ospedale. So che se dovessi andare dalla dottoressa Gruber, avrei davanti un plotone di esecuzione. Io non sono né di destra, né di sinistra. Se dico che vado via dalla televisione, riesco a stare via per 6-7 mesi. Curo i malati che arrivano anche dall'ospedale Sacco, che altrimenti sarebbero deceduti. Fare il rianimatore significa curare le disfunzioni d'organo, curare i malati più gravi che altrimenti muoiono.

Per fare il rianimatore bisogna essere molto umani".

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