Cronaca locale

Come in "Operazione San Gennaro": così la camorra voleva rubare il tesoro del patrono

Luigi Giuliano, ex boss della Camorra, nel libro scritto insieme al giornalista Di Meo, ha raccontato nei dettagli il tentato furto al tesoro del patrono di Napoli, avvenuto a metà degli anni Settanta

Come in "Operazione San Gennaro": così la camorra voleva rubare il tesoro del patrono

Attaccare nelle fogne come nel film Operazione San Gennaro. Luigi Giuliano, ex boss della Camorra, nel nuovo libro scritto insieme al giornalista Simone Di Meo, ha raccontato nei dettagli come la malavita, a metà degli anni Settanta, tentò di rubare il prezioso tesoro di San Gennaro.

La strategia era proprio la stessa adottata dai protagonisti della storica pellicola di Dino Risi che vide recitare sia un intramontabile Nino Manfredi che il grande Totò. Il piano, infatti, era partire dal sottosuolo per poi risalire in superficie, proprio come fecero nel film Agonia e il Capitano. Indimenticabile la scena in cui i due amici si aprirono un varco nelle condutture con laser, apparecchi a ultrasuoni ed esplosivo.

“Sapevamo – racconta colui che veniva chiamato appunto il re di Forcella nella collana intitolata “Nuova famiglia - la vera storia: Combattere o morire” - che camere blindate e casseforti aggredite frontalmente non cedono quasi mai. Puoi usare chili e chili di tritolo, ma restano intatte. Se, invece, le tagli da sotto con la fiamma ossidrica si aprono facilmente, proprio come una scatoletta di tonno”.

Ciò, per Giuliano, sarebbe dovuto al fatto che i progettisti di solito pensano a rafforzare le pareti e la porta d’accesso di un caveau, ma quasi mai il pavimento. “Abbiamo fatto rapine memorabili utilizzando questa strategia – evidenzia il boss - ed eravamo sicuri di poterla applicare senza alcun rischio anche nella Cappella del tesoro di San Gennaro.

L’unica difficoltà in questo caso sarebbe stata trovare una strada nel sottosuolo che consentisse di non commettere errori e di sbucare nel punto esatto dove si trovava il bottino. Per risolvere il problema era stata trovata addirittura una talpa nel Comune di Napoli. Si sarebbe trattato di un impiegato del servizio fognario che aveva una sede in un ufficio distaccato di via Foria. L’uomo avrebbe fornito, secondo il capo dei capi di quel periodo, una planimetria e delle cartine grazie alle quali la Camorra avrebbe potuto effettuare, senza problemi, il grande colpo.

“Riuscimmo – rivela Giuliano – a trovare una strada percorribile e garantita per arrivare al cospetto del Santo”. La rapina sarebbe stata evitata solo per volere dello stesso boss che alla fine decise di mettere “sotto la sua protezione il tesoro”.

In questo modo si sarebbe salvato uno dei simboli indiscussi di Napoli, che pur essendo finito nel mirino della malavita, alla fine è rimasto nello stesso posto per quel rispetto indiscusso che anche la Camorra ha sempre avuto nei confronti del patrono della città.

Commenti