Coronavirus

Avevamo i respiratori in casa, ma il governo non se n’è accorto

Si chiama Siare Engineering. È un’azienda nata negli anni ’70 in provincia di Bologna. Produce ventilatori, ma il governo lo ha scoperto troppo tardi

Avevamo i respiratori in casa, ma il governo non se n’è accorto

Un drammatico ritardo alimenta le polemiche sulla gestione del governo dell’emergenza coronavirus. Soltanto ai primi di marzo si è scoperto che in Italia esiste un’azienda che produce ventilatori polmonari. Si chiama Siare Engineering. I ventilatori, come si sa, sono fondamentali per curare i pazienti di terapia intensiva più gravi. La scoperta è avvenuta tardi. Tutto è partito un mese dopo il decreto legge che proclamava lo stato di emergenza.

Lo scrive il Fatto Quotidiano. Il 2 marzo la società statale Consip viene indicata "soggetto attuatore" per gli acquisti per fronteggiare il Covid-19. Il 4 marzo la protezione civile comunica il fabbisogno ospedaliero. In poche ore, scorrendo l’elenco dei fornitori della pubblica amministrazione, Consip individua la Siare Engineering, sede a Valsamoggia in provincia di Bologna, fondata nel 1974. Un’azienda con una trentina di dipendenti che vende all’estero il 90 per cento della propria produzione. In tempi ordinari non supera i 40 respiratori alla settimana.

Consip avverte la protezione civile e il capo, Angelo Borrelli, allerta a sua volta Palazzo Chigi. Il 6 marzo il premier, Giuseppe Conte, con accanto Borrelli e Domenico Arcuri (non ancora nominato commissario), chiama in videoconferenza Gianluca Preziosa, direttore generale di Siare Engineering. In più di un mese della laboriosa gestione dell’emergenza, questo è il dato che segna il ritardo e l’errore: nessuno ha chiamato Preziosa, neanche per una semplice informazione, non la protezione civile, non il ministero della Salute.

Conte si scusa con Preziosa del mancato preavviso e gli chiede uno sforzo per fornire al suo Paese almeno duemila ventilatori polmonari. Preziosa accetta la proposta di Conte, il ministero della Difesa manda nei capannoni di Valsamoggia i militari dell’esercito, il gruppo Fca e la Ferrari forniscono del materiale, i turni non finiscono mai e si spera di sfondare il limite di 500 ventilatori polmonari al mese. Anche Preziosa è rammaricato: "Si poteva fare meglio con un po’ di anticipo. Dopo il contatto con Conte ho subito bloccato i respiratori già imballati nei cartoni per partire verso l’Asia, così ne abbiamo recuperati più di trecento per gli ospedali italiani. Ho vuotato il magazzino. Adesso dal Sudamerica mi domandano 3.500 pezzi, ma ho rifiutato perché la mia fabbrica è a totale disposizione del governo".

Ma facciamo un passo indietro. Cosa succede al governo tra gennaio e febbraio? Al ministero della Salute studiano quella che sarà la pandemia. L’Oms ai primi di gennaio lancia l’allarme coronavirus. Nella sede della protezione civile si riunisce spesso il comitato operativo, ma non si fa mai un minimo accenno alle condizioni degli ospedali, ai posti letto, alla ricerca di tamponi, mascherine. Niente. Il 17 febbraio viene compresa l’urgenza di comprare i respiratori, però non si procede. Non succede niente.

Quando si decide di agire è già troppo tardi.

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