Nessun dubbio che, se dobbiamo preoccuparci delle minacce intercettate di un mafioso da più di vent'anni in regime di 41bis, ancora capace di dare ordini benché malato e ritenuto pericoloso anche da morto, nella considerazione di magistrati più fiduciosi in lui che nella Stato, non dobbiamo in alcun modo sottovalutare l'attuale pericolosità delle Brigate rosse che, dopo il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, hanno indicato il loro obiettivo in Matteo Salvini, diffondendo le inquietanti immagini del leader con il bavaglio sotto la loro storica bandiera. È bene tenere la guardia alta in situazioni di imprecisata pericolosità. Ma, in questi tempi di indifferenza, nessuno ha ancora organizzato, magari provvisto di stimmate, un sit-in per il povero Matteo condannato a morte dalle Brigate rosse. Sarà sufficiente a proteggerlo la scorta che lo accompagna notte e giorno, limitandone gravemente la libertà di movimento?
Mi scrive Rosario Crocetta: «Tu non riesci ad immaginare la tristezza e la durezza di una vita blindata, con la consapevolezza di essere stato condannato morte... e tu non vivi nell'ombra della solitudine a cui è condannato un nemico della mafia. Non occuparti, per favore, né di mafia, né di antimafia.
Occupati di arte e cultura, campi nei quali sicuramente potrai dare un contributo alla Sicilia». Ma oggi mi preoccupo di Matteo minacciato dalle Brigate rosse, e dell'ombra della sua solitudine nel freddo e nebbioso nord.
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