Un mago in camera operatoria, «mani di fata» capaci di restituire bellezza e giovinezza. In tv una piccola star, l’esperto, il medico capace di regalare speranze e realizzare sogni apollinei davanti ai sorrisi compiaciuti di prosperose e rifatte bellezze del piccolo schermo. La sanità ripiomba nella bufera: dagli scandali del Cardarelli, allo studio medico di Barletta in cui una donna è morta dopo aver ingerito un farmaco «sbagliato». Ora tocca a Mario Dini, primario del reparto di Chirurgia plastica ricostruttiva del Cto di Firenze, nonché direttore della Scuola di specializzazione e docente all'Università degli Studi del capoluogo toscano. Da ieri ha perso il bisturi. Le mani legate dietro le sbarre degli arresti domiciliari. C’è una sfilza di reati contestatigli dalla procura di Firenze così imbarazzante da potre far pensare alla necessità di una plastica. Facciale.
«Narciso», il nome nemmeno troppo fantasioso dell’operazione- non in camera operatoria- con la quale la Guardia di finanza lo ha arrestato. Lui si proclama innocente. Le accuse sono quelle di peculato, corruzione, concussione, falsità ideologica in atti pubblici e abuso d'ufficio. Abbastanza per distruggere una carriera rampante. Con Dini sono finiti nei guai altri sei camici bianchi, oltre a tre informatori scientifici di una azienda produttrice di protesi mediche; i militari hanno eseguito 53 perquisizioni in Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Lazio e Campania nei confronti di altre persone che se la sono, per ora, cavata con una semplice denuncia. Nome sulla bocca di tutti, quello di Dini, almeno nell’ambiente. Si dice che più di un collega abbia brindato ieri, saputo dei suoi guai.
Stando al teorema dell’accusa, il mago dei «seni rifatti» avrebbe facilitato un'azienda produttrice di protesi in cambio di favori. Insomma sceglieva lui i prodotti da far comprare all’ospedale e, in particolare, i finanzieri avrebbero accertato che per favorire una società, leader mondiale nella produzione di presidi medico-chirurgici, il primario si faceva «pagare» attraverso spinte per partecipare a iniziative varie, come apparizioni televisive, corsi didattici e professionali con connessi introiti economici. Non è tutto. Autorizzato svolgere la libera professione in regime di intramoenia, di tipo «allargato», presso due strutture private convenzionate della città, il camice «d’oro» avrebbe incassato le parcelle senza però pagare le tasse e nemmeno versando la quota dovuta all’Azienda ospedaliera fiorentina. Perdipiù- sempre stando all’accusa- lavorava anche in centri privati non convenzionati. In questo caso avrebbe occultato la sua attività avvalendosi del nome di altri medici, suoi collaboratori.
Lo hanno intercettato mentre organizzava appuntamenti in altre città (Napoli, Roma e Milano) dove, secondo l’accusa, pur facendo figurare ufficialmente suoi collaboratori, operava sempre in prima persona. Insomma, Dini, eludendo i limiti dell'intramoenia, cui era sottoposto nel suo ruolo di primario, avrebbe svolto direttamente l'attività professionale privata presso strutture convenzionate e non convenzionate, appropriandosi del denaro destinato all'Azienda Ospedaliera Careggi.
Lui ieri ha fatto sapere di «essersi autosospeso dalle attività istituzionali connesse alle mie qualifiche». Pronto a «dimostrare all’autorità giudiziaria la mia totale estraneità».Un esercito di signore è in trepida attesa.
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