La tragedia del Mottarone

"C'è il pericolo di fuga". Ecco cosa può accadere agli indagati

L'accusa è forte: "Condotta sconsiderata per evitare ripercussioni di carattere economico". Adesso i tre fermati per la tragedia del Mottarone rischiano grosso

"C'è il pericolo di fuga". Ecco cosa può accadere agli indagati

La "condotta sconsiderata" messa in atto da Luigi Nerini (gestore della funivia del Mottarone), da Gabriele Tadini (caposervizio responsabile dell'impianto) e da Enrico Pericchio (ingegnere e consulente esterno) nella giornata di domenica "ha determinato" la morte di 14 persone e lesioni gravissime ai danni di un bambino di 5 anniì. È questo uno dei passaggi del decreto di fermo emesso dalla procura di Verbania che sta indagando sulla tragedia del Mottarone. Si legge inoltre che tutto ciò, in caso di accertato riconoscimento della relativa responsabilità penale, potrebbe comportare "l'irrogazione di una elevatissima sanzione detentiva". Il provvedimento di fermo si basa sul pericolo di fuga.

La procura la ritiene una possibilità concreta considerando "l'eccezionale clamore anche internazionale per la sua intrinseca drammaticità", destinato ad accentuarsi progressivamente con il disvelarsi delle cause del disastro. Dunque per gli inquirenti la scelta di far aprire le porte del carcere è ritenuta del tutto necessaria in quanto "sussiste il pericolo concreto e prevedibilmente prossimo della volontà degli indagati di sottrarsi alle conseguenze processuali e giudiziarie delle condotte contestate".

"Freni bloccati con l'avallo di tutti"

Nel decreto di fermo si legge che Tadini avrebbe ammesso di "aver deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni) durante il normale servizio di trasporto passeggeri". In tal modo avrebbe disattivato il sistema frenante di emergenza destinato a entrare in funzione e ad arrestare la corsa della cabina della funivia in caso di pericolo. Andavano risolte le anomalie "da tempo manifestatisi" rispetto a quello che doveva essere il regolare funzionamento del sistema frenante.

Della condotta "erano stati ripetutamente informati tanto il Perocchi quanto il Nerini". Pertanto il dito è puntato contro i tre fermati, accusati di aver "avallato tale scelta" e di non essersi attivati "per consentire i necessari interventi di manutenzione" che avrebbero richiesto il temporaneo fermo dell'impianto, "con conseguenti ripercussioni di carattere economico". Va ricordato che, stando all'ipotesi accusatoria, il "forchettone" sarebbe stato volutamente lasciato in posizione per evitare il ripetersi di blocchi e per non interrompere il servizio ai danni dei passeggeri e dei turisti.

Nel decreto di fermo, oltre al pericolo di fuga, viene sottolineato che "i fatti contestati sono di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell'impianto di trasporto per ragione di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza", che invece avrebbero consentito di tutelare la salute dei passeggeri.

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