Cacciare gli allenatori non serve a nulla. Restano squadre scarse

Si cambia il manico ma non cambia la scopa Il problema sono i tanti club con troppi stranieri

Cacciare gli allenatori non serve a nulla. Restano squadre scarse

Non è una novità che le società di calcio, quando non trionfano, cacciano gli allenatori come cameriere a ore, anche se li devono pagare salato perché sono dei divi con stipendi favolosi. Quello della Roma, Garcia, considerato fino a un anno fa un padreterno, è già pronto a traslocare. E quello del Milan, Mihajlovic, scambiato alcuni mesi orsono per un salvatore della (...)(...) patria, pare sia impegnato a fare le valigie.

Niente di nuovo sotto il cielo pallonaro. Non mi va di fare le pulci ai presidenti e neppure ai dirigenti che, in mancanza di risultati meravigliosi sul campo, decidono di fare secco il trainer. È l'unica soluzione che essi hanno a disposizione. Cambi il manico nell'illusione di cambiare la scopa che, come noto, se è nuova scopa meglio. Vorrei solo dire sommessamente che a me questo calcio italiano comincia a fare veramente schifo. Lo seguo per curiosità giornalistica, ma non lo amo. Non tanto perché sia poco spettacolare, decisamente inferiore a quello spagnolo, tedesco e perfino inglese, per non parlare di quello belga, bensì perché di italiano ha soltanto i soldi utili a finanziarlo.

Qualche esempio che fornisce una spiegazione esaustiva del mio disgusto. La squadra del morituro Garcia, a parte nonno Totti, è composta interamente di stranieri, uomini a maggioranza di colore, che hanno dei nomi impossibili da ricordare, cosicché non riesci mai a mandare a memoria la formazione. E lo chiamano campionato nazionale. L'Inter idem. La Fiorentina, della quale confesso di essere stato tifoso dall'infanzia, idem con patate. Schierano personaggi dai cognomi impronunciabili. I nerazzurri in verità impiegano talora D'Ambrosio e Ranocchia, mosche bianche.

Ebbene, Ranocchia sarà venduto come carne da macello; il collega è un miracolo quando riesce a dare due pedate alla sfera di cuoio, per pescare nel vocabolario del rimpianto Sandro Ciotti. Perfino l'Udinese, non il Real Madrid, utilizza undici forestieri su indici. Spiegatemi voi, cari lettori, come si faccia ad affezionarsi a equipe i cui atleti hanno dei cognomi simili ad espressioni algebriche delle più difficili, zeppi di Xykzjh. Poi ci si stupisce perché gli stadi sono sempre più vuoti. Dai un'occhiata alle gare in tivù, che sono sempre preferibili alle esibizioni culinarie dei cuochi, poi vai a dormire e l'indomani ti sei scordato chi ha segnato, chi ha giocato male e chi bene.

La legione straniera non ha il potere di fissarsi nella tua memoria. La guardi all'opera e ti domandi perché i nostri compatrioti siano considerati indegni di maltrattare la palla. Anche perché, se compulsi la classifica del torneo, scopri che i club i quali praticano l'autarchia di ducesca tradizione combattono ad armi pari con quelli blasonati, pur avvalendosi di calciatori italianuzzi: il Sassuolo e l'Empoli, per esempio, fanno sfracelli senza ricorrere alle prestazioni di brocchi immigrati. Si accontentano di orobici cazzuti, friulani, campani, terroni vari, tutti bravissimi e stimolati da ingaggi miserrimi.Lo stesso discorso va fatto per gli allenatori.

Che senso ha assumere panchinari con passaporti strambi quando i nostrani a loro volta sono ambiti da squadre europee? La ratio di certe scelte è incomprensibile.

Perché assumere Garcia e poi silurarlo come un deficiente pur avendo egli collezionato 34 punti con giocatori non acquistati da lui, ma dai burocrati al servizio della Roma? E perché mandare fuori dai piedi Mihajlovic perché il Milan è male assemblato? Uffa. Viva il Carpi e viva il Frosinone. Almeno non si danno tante arie.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica