Calci e sputi sull’auto del sospetto killer: "Se lo prendiamo noi..."

Tensione fuori dalla questura all’uscita di un uomo sentito dagli inquirenti Il killer spiava le studentesse da una settimana. Telecamere anche ai funerali

Calci e sputi sull’auto del sospetto killer: "Se lo prendiamo noi..."

Dentro il dolore, fuori la speranza. Di riconoscerlo e sbatterlo in cella. Nella chiesa Madre dove ieri Mesagne ha dato il suo ultimo saluto a Melissa Bassi, oltre alle autorità e a una folla commossa c’erano telecamere e investigatori. Decine di occhi elettronici puntati ovunque, soprattutto nella lunga piazza di fronte al tempio. E così, mentre in questura a Brindisi venivano ascoltati per ore un uomo ritenuto compatibile con l’attentatore e suo fratello (tanto che nel pomeriggio si è diffusa la notizia, falsa, che l’assassino e il suo complice fossero stati presi), non si è mai smesso di cercare, e di tendere trappole al «mostro».

L’ASSASSINO AI FUNERALI

La speranza degli investigatori è quella fornita da casi simili e dall’esperienza: se il macellaio è ancora in giro, potrebbe essersi recato a Mesagne, tra la gente addolorata che ha partecipato al rito funebre. L’ipotesi è che, nascosto tra amici, parenti e concittadini di Melissa, l’uomo non abbia voluto mancare all’appuntamento con le esequie, obbedendo a un morboso, irresistibile richiamo. Facce dagli occhi lucidi e volti dietro i fazzoletti sono finiti archiviati in migliaia di scatti digitali. Pronti per essere confrontati e sovrapposti con le immagini che immortalano il mostro mentre attiva la bomba al riparo di un chiosco ma non delle minuscole telecamere antiracket.

QUEL «MANIACO» SULLA PANCHINA

E mentre si spera di chiudere la partita incastrando l’unabomber salentino proprio lì dove la ferita che ha aperto è più vistosa, gli investigatori continuano a ricostruire ogni fase dell’attentato, con riscontri incrociati e testimonianze. Tra le 162 persone ascoltate finora, i carabinieri hanno messo a verbale il racconto «molto intereressante» di una coppia di studentesse ferite. Le due ragazze, confermando analoghi racconti, nella settimana precedente l’esplosione avevano notato più volte un signore sui 50-60 anni aggirarsi nel giardino vicino al cancello d’ingresso della scuola, prima dell’inizio delle lezioni. Una presenza inconsueta quanto costante: era lì ogni mattina, fermo su una panchina a sbirciare le ragazze che entravano in classe, e pronto ad abbassare il capo appena qualcuna incrociava il suo sguardo. Tanto che le due, insospettite da quelle occhiate, lo avevano ribattezzato «lu maniaco». E dopo aver visto il filmato delle telecamere a circuito chiuso che hanno ripreso l’attentatore, le ragazze si sono trovate d’accordo: il tipo in giacca blu col telecomando somiglia, e molto, proprio a «lu maniaco».

CACCIA AL COMPLICE (E AL TECNICO)

Di certo gli investigatori sono a caccia di elettrotecnici, periti informatici, antennisti. Qualcuno che di elettronica, e di comunicazione a distanza, ne capisca, ed è chiaro il perché vista la tecnica con cui l’ordigno è stato innescato e fatto esplodere. Ieri alcune perquisizioni mirate hanno interessato i paesi di Oria e Francavilla Fontana, nel Brindisino. E si è ormai quasi certi anche della presenza di un secondo uomo, un complice, forse proprio quella figura vestita di nero che sarebbe stata vista da testimoni mentre venerdì notte piazzava il cassonetto esplosivo vicino alla Morvillo: difficile organizzare un attentato come questo per una sola persona. I mostri sono due.

I CALCI ALL’AUTO CIVETTA

Un segnale del clima di tensione che rischia di degenerare in caccia alle streghe si è avuto ieri sera, quando un’auto civetta, appena uscita dalla questura di Brindisi in via Perrino, è stata assalita da un gruppo di ragazzi a calci e pugni. «Credevamo ci fosse l’assassino», si sono giustificati gli aggressori. E la portavoce del questore, uscita per riportare la calma, ha provato a spiegare: «Non ci sono fermati, non ci sono arrestati, non ci sono indagati in questo momento. Ci sono solo persone che vanno ascoltate, ma si sta creando un clima di terrore intorno a questo tipo di attività».

IL BOSS E IL PM

Non ci sono solo le forze dell’ordine a cercare il macellaio.

Il dubbio che anche la malavita locale intenda «far giustizia» della bomba alla scuola ha trovati una confrma di più quando un noto boss brindisino, Raffaele B, ha avvicinato il caposcorta del pm titolare del fascicolo e gli ha sussurato all’orecchio: «Se li prendiamo noi a quelli, ce li mangiamo».

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