Il Capodanno della civetta

Il Capodanno della civetta

«Ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini... E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi... E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre». La lunga citazione, inevitabile, è di Leonardo Sciascia e descrive impietosamente il degrado della coscienza e della dignità degli uomini, in un tempo in cui la miseria delle idee conduce a ripetere idee ricevute e luoghi comuni. Un pensiero originale sorprende e sconcerta, crea disordine nell'andamento tranquillo della vita di chi pensa al proprio vantaggio e non vuole esporsi. Un tempo si potevano considerare gli uomini timorati di Dio; oggi che Dio è dimenticato vedi gli uomini chinarsi alla divinità del consumismo, popolare i centri commerciali, frequentare gli stessi luoghi, esattamente come esprimono le stesse idee.

Così le feste, i pranzi di Natale, i cenoni di Capodanno, riti di una umanità degradata. E quando trovi uno che se ne sta per conto suo, evitando le folle, pensi a un originale, a un misantropo. Semplicemente è un uomo.

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