Il disastro del Pil del secondo trimestre 2020 - dovuto al Coronavirus e a come è stato gestito il suo controllo - è superiore al previsto sia dal punto congiunturale, cioè rispetto al primo trimestre 2020 in cui il Pil è sceso del -12,8% contro un'attesa di -12,4%, che su base tendenziale in confronto col secondo trimestre 2019. La discesa è di -17,7% contro un'attesa di -17,3%. Cifre da fare paura, soprattutto la seconda, sia per la sua entità, sia perché nel 2019 il Pil stava scendendo a causa del malgoverno dell'esecutivo Conte I di 5 Stelle e Lega, da cui questa si dimise in agosto, a causa del dissenso sulle spese di investimento. La perdita acquisita di Pil del primo semestre 2020 è già al 14%. L'Istat scrive che «la stima dei conti economici trimestrali conferma la portata eccezionale della diminuzione del Pil nel secondo trimestre per gli effetti economici dell'emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate, con flessioni mai registrate dal 1995».
Ora si attende il rimbalzo. Ma il governo drammatizza la situazione per prolungare il potere eccezionale di emergenza con cui evita il confronto in Parlamento con le discordi forze che ne fanno parte e quelle dell'opposizione. Il diavolo questa volta non è nei dettagli, ma nei dati macroeconomici, che mostrano il perché di questa Caporetto economica e finanziaria.
Infatti, mentre tutti i principali aggregati della domanda interna sono diminuiti rispetto al primo trimestre, il calo dei consumi nazionali è dell'8,7% mentre quello degli investimenti il 14,7%, quasi il doppio. Ciò dipende sia dal blocco di fatto degli investimenti pubblici dovuto ai dissensi e alle procedure macchinose, sia alla incertezza che blocca gli investimenti privati e quelli nel mercato immobiliare, ingessato da una tassazione mostruosa del 9% del valore teorico di mercato degli immobili e dal fatto che c'è una pesante tassazione patrimoniale con l'Imu e il blocco degli sfratti.
Le esportazioni, che generano domanda interna, in quanto consistono di beni prodotti in Italia, nel secondo trimestre 2020 scendono del 26,4% sul primo trimestre. Le importazioni, che eliminano una produzione interna di pari entità, scendono di meno del 20,5%, con saldo negativo del 6%. Mentre i consumi delle famiglie sono scesi del 6,7%, la spesa corrente delle amministrazioni pubbliche è rimasta quasi invariata, con un -0,2. La produzione agricola è diminuita del 3,7%, i servizi dell'11%, la produzione dell'industria è diminuita quasi del doppio, scendendo del 20% perché il governo ha stabilito il lockdown globale invece che permettere le produzioni industriali che si possono effettuare senza rischio di contagio con addetti che vanno al lavoro e ne tornano con mezzi sicuri.
Oramai il debito emesso dal nostro governo sul mercato interno nel 2020 supera i 50 miliardi, mentre il Pil è sceso del 14%, cosicché si è generata una mostruosa ascesa del rapporto debito/Pil sul mercato secondario. Il governo si aggrappa al Recovery Fund le cui risorse arriveranno solo dal 2021 e sono su 7 anni, sicché avremo prestiti per 18 miliardi annui, 11 miliardi a fondo perso, mentre rifiuta i 36 miliardi del Mes sanitario a tasso zero, che possiamo avere per metà subito e per metà ai primi di gennaio del prossimo anno. E che non dovremo restituire interamente perché siamo creditori del Mes.
Essi servirebbero non solo per le spese sanitarie fatte e da fare per la pandemia, ma anche per quelle per prevenirla, come quelle per la scuola. Ne esce il ritratto di un governo a deriva populista incapace di buon governo.
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