Le capriole nei processi per riscrivere la Storia

Se anche le toghe ora fanno revisionismo storico

Le capriole nei processi per riscrivere la Storia

Il 1993, secondo le procure di Firenze, Palermo e Caltanissetta, è tutto da riscrivere. Il passato non è mai qualcosa di certo e scontato, ma quando i pm indossano i panni revisionisti per piegare la storia ai loro teoremi giudiziari si rischia di finire in un romanzo distopico.

È primavera e la mafia ha alzato la testa. Non si muove nell'ombra, ma è in guerra sfacciata contro l'Italia. Un anno prima ha trucidato Falcone, la moglie, Borsellino e i poliziotti di scorta. Il teatro di sangue non è solo in Sicilia. La mafia si sente tradita dai suoi vecchi sodali politici, regola i conti a Palermo con Salvo Lima, soffre e bestemmia contro il regime di carcere duro firmato da Martelli e Scotti. È così che parte l'offensiva del terrore con la strage dei Georgofili a Firenze, a un passo dagli Uffizi. È il 27 maggio. E poi con le bombe di Milano e Roma del 27 e 28 luglio. Chi è stato? La mafia, certo. Ma dietro la mafia c'è qualcuno, c'è un mandante. È qui che parte il teorema. La verità ha bisogno di un vero colpevole, ma se questo, dopo vent'anni e passa di indagini, non si trova, allora serve un capro espiatorio. Il personaggio perfetto è sempre lui, Silvio Berlusconi, con la complicità di Marcello Dell'Utri. Per molti questa è la chiusura del cerchio. Non importa che per tre volte siano state aperte e chiuse indagini per questo infame delitto senza trovare prove. Se insisti, dicono, prima o poi li incastri.

Ma se c'è un mandante serve anche un movente. Ed è qui che la storia di quel '93 va forzata, ridipinta. Berlusconi ha già deciso di avventurarsi in politica, ma deve prima sbarazzarsi dei vecchi poteri. Quelle bombe servono a liquidare la Prima repubblica. Lo rivela, intercettato in carcere mentre parla con un collega camorrista, il boss siciliano Giuseppe Graviano. Questa è la frase fumante: «Berlusca... mi ha chiesto questa cortesia... lui voleva scendere... però in quel periodo c'erano i vecchi... lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa». Queste le parole smozzicate alla radice del teorema. Solo che nella primavera del '93 i «vecchi» sono già in ginocchio, sconfitti e scacciati. Li ha spazzati via Mani Pulite. Di Pietro e il resto del pool hanno già fatto cadere il decreto Conso che depenalizza il reato di finanziamento illecito ai partiti. Il 28 aprile Ciampi entra a Palazzo Chigi. È il primo governo tecnico della storia italiana. È la morte della vecchia politica. Il 30 aprile Craxi viene seppellito di monetine all'uscita dal Raphael. Non c'è bisogno della mafia per creare uno spazio politico. Il vuoto di potere è la conseguenza più profonda di Tangentopoli. Le bombe della mafia fanno paura, ma, per paradosso, finiscono per ricompattare quel che resta del sistema politico.

La Democrazia cristiana è sventrata, il Psi di fatto non c'è più, gli unici architravi rimasti sono i referendari di Mario Segni, che potrebbe prendersi tutto ma tentenna, e i post comunisti di Occhetto, aggrappati al silenzio di Primo Greganti. Mani Pulite sta puntando su di loro. A settembre viene arrestata la segretaria del leader Pds. La mediazione di Violante sembra non funzionare. Potrebbe cadere anche Botteghe Oscure e, a quel punto, resterebbero solo macerie. Le bombe, per conseguenza imprevista, finiscono per frenare Mani Pulite. È la paura di fronteggiare la guerra mafiosa senza più uno straccio di roccaforte politica. A dicembre Tiziana Parenti, il pm che sta indagando sulla sinistra, si dimette. «Non mi permettono di andare avanti». È la firma di un nuovo patto.

A rovinare tutto arriva la vittoria politica di Forza Italia del '94. Imprevista e imperdonabile. Forse le procure di oggi non cercano un mandante, ma una porta scorrevole della storia. I processi, la giustizia come macchina del tempo per correggere un errore del passato.

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