Tutti pazzi per Dario Fo. Il sindaco pd di Milano Giuseppe Sala al quale il giullare aveva negato, schifato, il suo voto proclama una giornata di lutto cittadino. Il cardinale Scola nulla ha da eccepire sul fatto che oggi i funerali laici del giullare più anticlericale della storia si celebrino sul sagrato del Duomo. Alla cerimonia parteciperanno, accomunati nel dolore, i leader della sinistra freschi di insulti del defunto e Beppe Grillo, ultimo approdo del re dei voltagabbana, già rastrellatore di partigiani quando da giovane portava la camicia nera, e cantore ufficiale dell'omicidio del commissario Calabresi. Potenza del Nobel, potenza dell'ipocrisia o, forse, solo potenza della morte che tutto cancella.
A Milano ieri più d'uno ha invocato Fo «santo subito», fioccano proposte di intitolargli strade, piazze, non si esclude il monumento. E pensare che solo pochi giorni fa in consiglio comunale la sinistra si è spaccata sulla mozione che chiedeva che Milano ricordasse in qualche modo Bernardo Caprotti, mister Esselunga, morto anche lui a 90 anni a cui il Nobel l'aveva assegnato il libero mercato: sette miliardi di fatturato all'anno, ventiduemila dipendenti in servizio, prestigio internazionale. Ma aveva un difetto imperdonabile: non era mai stato di sinistra, non aveva mai fatto un girotondo contro Berlusconi né contro la casta della politica. Non solo, immagino, per convinzione, ma perché, lavorando più di dodici ore al giorno, non ne avrebbe avuto il tempo. La sua missione era creare sviluppo e benessere, due concetti sui quali Milano ha costruito la sua storia e la sua fortuna. Certo, Milano è stata anche la città di Verdi, che ha adottato Arturo Toscanini. Anche loro uomini d'arte, come Fo. Ma il primo è un cofondatore della patria, il secondo preferì l'esilio al mischiarsi con il padrone di allora, tale Benito Mussolini. Più di recente, a Milano, tale Giorgio Strehler il teatro lo rifondò stupendo il mondo intero.
Non sta a me dare pagelle a geni e premi Nobel, ma vedere Dario Fo entrare in questo pantheon mi fa un certo effetto.
Per quello che è stato e per chi ce lo porta: quella sinistra che solo pochi giorni fa non ha voluto dare gli onori dovuti a Bernardo Caprotti che l'arte della libertà l'ha messa in pratica, non calpestata, insultata e derisa come se tutto fosse, a prescindere, «Mistero buffo».
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