Coronavirus

Cari agenti, giusto controllare. Ma non trattateci da criminali

L'emergenza sanitaria viene prima di ogni cosa: prima la vita. Poi, a seguire, tutto il resto. Anche se di pari passo vengono le nostre libertà che mai, come in questo momento storico, sono state cosi "maltrattate"

Cari agenti, giusto controllare. Ma non trattateci da criminali

L' emergenza sanitaria viene prima di ogni cosa: prima la vita. Poi, a seguire, tutto il resto. Anche se di pari passo vengono le nostre libertà che mai, come in questo momento storico, sono state cosi «maltrattate». Ed è una deriva rischiosa. Ma la situazione è quella che è, impone che tutti restino il più possibile a casa. Impone una serie di controlli che, dai posti di blocco, alla verifica dei tracciati dei cellulari, ai droni che volano sui parchi, qualche brivido sulla schiena lo fanno scorrere. Di fatto siamo un popolo agli «arresti domiciliari» che, forse, è una parola grossa, ma rende l'idea del disagio. Un popolo che, fino a qualche mese fa, per molto (ma molto) meno non ci metteva un attimo a cantare Bella ciao e a scendere in piazza insultando poliziotti e carabinieri, ora invece se ne sta ordinato alle consegne e come massima trasgressione si affaccia alle finestre per cantare Azzurro di Celentano. Ma c'è anche chi, purtroppo, in casa proprio non ci può stare. Perché ha malati anziani da accudire, farmaci da acquistare, perché deve fare la spesa o perché ancora si concede il «lusso» di lavorare. E allora si arma di coraggio, sfida la rabbia di chi dalle finestre senza farsi troppe domande ci mette un attimo ad insultare e spesso si ritrova faccia a faccia con vigili o forze dell'ordine. L'autocertificazione è un rebus che dimostra quanto, anche in una situazione di emergenza, Stato e burocrazia si divertano e farci impazzire. Ma non è questo il punto.

Molto spesso a far più danni sono gli eccessi di zelo, la solerzia fastidiosa di chi fa i controlli, di chi non affianca alle disposizioni sacrosante il buonsenso. Sacrosanto anche quello. E allora non piace il modo di qualcuno. Non piace quell'aria di chi ti ferma come se fossi un criminale, che ti chiede senza troppa cortesia, chi sei, da dove vieni e dove stai andando quasi fossi un balordo o uno che ha appena messo a segno una rapina. C'è modo nelle cose. Ci deve sempre essere e, soprattutto, ci deve essere in queste ore, quando ansia, paura e incertezza per molti diventano angoscia. La vita viene prima di tutto, e siamo d'accordo.

Ma gli italiani che non possono restare in casa non sono un popolo di delinquenti o di fuggiaschi costretti a nascondersi come sir Patrick Leigh Fermor in missione nella Creta dai nazisti.

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