La scienza, o almeno il Corriere della Sera, dà ragione alla frase attribuita a Metternich, cancelliere di Stato austriaco: «L'Italia è un'espressione geografica». Di conseguenza gli italiani non esistono. Come spiega al quotidiano (non italiano?) Davide Pettener, antropologo dell'università di Bologna: «Si tratta solo di un'aggregazione di tipo geografico. Abbiamo identità genetiche differenti, legate a storie e provenienze diverse e non solo a quelle».
Da uno studio condotto su tremila campioni di sangue, emerge che l'Italia è divisa da una linea che separa una zona nord-occidentale e una sud-orientale. La Sardegna fa storia a sé. Prosegue Pettener: «Il quadro complessivo è frutto di due traiettorie diverse iniziate nel neolitico, con l'avvento delle nuove tecnologie e dell'allevamento. Nei periodi successivi è successo di tutto: germani, greci, longobardi, normanni, svevi, arabi sono passati lasciando i loro geni».
È possibile immaginare sia così per tutti i popoli che non abbiano vissuto nell'isolamento per secoli. Chi volesse sfruttare impropriamente questo interessante studio per «dimostrare» quanto sia «normale» l'attuale fenomeno migratorio cascherebbe male. Sangue e suolo è una formula tragicamente errata. Ma questo significa che i popoli non esistono? Secondo l'antropologa Ida Magli, un popolo si definisce innanzi tutto sull'unità della lingua e della religione. E non c'è dubbio quindi che gli italiani esistano e abbiano trascorso una parte consistente della loro storia nel tentativo di trovare una lingua comune. Questo accadde ben prima che si pensasse all'unità politica. Il problema fu risolto nel XVI secolo da Pietro Bembo, suddito della Serenissima, figlio di Bernardo, un grande diplomatico fedele a San Marco. Bembo era dunque un veneziano convinto che l'Italia e gli italiani esistessero eccome e avessero necessità di uno strumento per capirsi e parlarsi. In quanto alla religione, non c'è molto da dire.
Gli italiani sono cattolici per tradizione plurimillenaria. Questo non esclude certo la possibilità di professare altre fedi. Ma è sciocco negare che cultura, tradizioni, costume e morale siano stati forgiati dal cattolicesimo. «Una gente che libera tutta / O fia serva tra l'Alpe ed il mare; / Una d'arme, di lingua, d'altare, / Di memorie, di sangue e di cor ». Sono i versi patriottici di Alessandro Manzoni tratti dalla poesia Marzo 1821.
Vogliamo dare un'occhiata alla carta d'identità del poeta? Un milanese, imbevuto di cultura francese e genio della lingua italiana. Quei versi sono stati irrisi da critici e scrittori che ritenevano «patria» una parolaccia. «L'Italia è morta, io sono l'Italia» diceva invece in uno splendido poemetto Aurelio Picca. E noi lo ripetiamo con lui.
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