"A casa era un incubo". Parla il figlio del panettiere ucciso a Giffoni

Emergono nuovi dettagli sull'omicidio di Ciro Palmieri, l'uomo ammazzato dalla moglie e dai figli nella casa di Giffoni (Salerno). Secondo il 15enne era un padre e marito violento

"A casa era un incubo". Parla il figlio del panettiere ucciso a Giffoni

"Un incubo". È così che il figlio 15enne di Ciro Palmeri ha definito il clima familiare che si respirava prima del macabro delitto. Il giovane, insieme al fratello Massimiliano e alla madre, Monica Milite, sono accusati di omicidio volontario aggravato anche dalla crudeltà dell'azione e di occultamento di cadavere.

Il delitto ripreso dalle telecamere

Il massacro del panettiere 43enne, Ciro Palmieri, secondo la procura di Salerno, si è consumato il 29 luglio nell'abitazione di via Marano a Giffoni Valle Piana. Il giorno seguente, per depistare le indagini, la moglie del 43enne si era recata dai carabinieri per denunciarne la scomparsa del marito. A quel punto si erano attivate le ricerche e i numerosi appelli avevano fatto il giro del web tanto che se ne occupò anche "Chi l'ha visto?". L'uomo, però, era già morto da ore, assassinato dai suoi familiari.

A incastrare i tre sono state alcune immagini delle telecamere di video sorveglianza presenti in casa e analizzate dagli inquirenti. I fotogrammi hanno immortalato le ore prima dell'omicidio: attimi agghiaccianti in cui si vede inizialmente l'uomo tirare il liquido di una bibita addosso alla moglie e la donna colpirlo con una scopa. Entrano nel campo visivo anche i due figli che dopo un litigio si avventano sul padre. Il 43enne è ormai a terra e il tutto degenera con un feroce accoltellamento davanti agli occhi sgomenti dell'altro figlio undicenne.

I tre coltelli, usati dalla moglie e dai due figli, sono stati recuperati nel giardino poco distante dall'abitazione, dove erano stati sotterrati. Li hanno ritrovati gli uomini dell'arma su indicazione degli stessi fermati, che hanno spiegato ai militari anche dove si trovava il corpo di Palmieri: dentro un sacco, in un dirupo lungo la strada provinciale tra Giffoni e Serino, con una gamba amputata per poterlo trasportare meglio.

Il probabile movente

Dopo un lungo silenzio il 15enne ha confermato al gip quanto aveva già riferito dopo il fermo al procuratore del tribunale per i minorenni. Ha raccontato del clima di terrore con cui lui e i familiari convivevano a causa del carattere violento del padre. Le sue parole sembrano confermare la denuncia per maltrattamenti, presentata dalla Milite nel 2015 ma subito dopo ritratta. Per questo motivo non si è mai indagato sulla situazione all'interno di quelle mura. Il ragazzo, invece, ha voluto giustificare l'efferato assassinio, avvenuto per mezzo di 40 coltellate, a causa dell'ennesimo litigio. Al termine dell'interrogatorio di garanzia, il giudice ha convalidato il fermo del 15enne, disponendone il collocamento in un istituto penale minorile.

L'altro figlio e la moglie, invece, sono comparsi davanti al gip nel carcere di Fuorni ma entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Per loro è stata disposta la misura cautelare in carcere a Salerno.

"Non era lui l'orco..."

Dopo le recenti confessioni, a contestare le parole del nipote e la denuncia della nuora è Luigi Palmieri, fratello di Ciro, che punta il dito sulle menzogne della donna. "Monica mi diceva: se n'è andato, non è tornato, sono venuti a prenderlo delle persone di un brutto giro...- e continua - Penso che il mostro non sia mio fratello".

Con queste parole l'uomo nega l'immagine del padre-marito orco che sembra gli indagati intendano usare come tesi difensiva. "Certo, non era uno stinco di santo, Ciro, neanche in famiglia", ammette. "Io non giustifico le violenze, ma arrivare da uno schiaffo ad una atrocità del genere...".

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