La Cassazione ha riaperto il caso di Matilda, la bimba di 23 mesi morta nel 2005 a Roasio, nel Vercellese, a causa di un violento colpo alla schiena. I giudici supremi, riferiscono gli avvocati, hanno accolto il ricorso dei legali della madre, Elena Romani, contro il non luogo a procedere nei confronti del suo compagno di allora, Antonio Cangialosi.
Dopo l’assoluzione della madre della bimba, Elena Romani, la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio per Cangialosi, ma lo scorso giugno il gip di Vercelli Paolo Bargero aveva confermato il non luogo a procedere. Decisione, quest’ultima, annullata dalla Cassazione, che ha accolto il ricorso degli avvocati della Romani, Roberto Scheda e Tiberio
Massironi. "Questa decisione è una vittoria per noi", commenta all’Ansa l’avvocato Scheda.
A dieci anni dalla morte della bimba di 23 mesi, il fascicolo ritorna ora in tribunale a Vercelli, dove sarà affidato a un nuovo giudice. Per la Suprema Corte, che ha riaperto il caso, il trauma del quale fu vittima la piccola Matilda venne prodotto "durante l’assenza dall’abitazione della Romani, uscita nel cortile per stendere all’aria il cuscino lavato" dal vomito della bimba che si era sentita male. La morte della piccola Matilda risale al 2 luglio 2005. Pochi giorni prima la bimba e la madre, hostess di Busto Arsizio che l’aveva avuta da una precedente relazione, si erano trasferiti a Roasio, nel Vercellese, nella casa del nuovo compagno della donna.
Secondo le perizie medico-legali, a far morire la bambina sarebbe stato un colpo violento alla schiena, forse un calcio, che le provocò lo schiacciamento di rene e fegato. Per la sua morte vennnero indagati la mamma - assolta in via definitiva - e il compagno, le uniche persone che si trovavano nell’abitazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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