Cattiva finanza e buone aziende

Tante, forse troppe, volte abbiamo sentito il solito refrain della finanza che uccide l'industria

Cattiva finanza e buone aziende

Tante, forse troppe, volte abbiamo sentito il solito refrain della finanza che uccide l'industria. Bello slogan, ma senza finanza l'industria resterebbe nana. Diradato ogni possibile dubbio sulle nostre convinzioni, laiche, in materia di (...)(...) quattrini, derivati, debiti e opzioni, vi vogliamo raccontare una storia di pessima finanza. È roba di questi giorni e potrebbe diventare un botto finanziario da far impallidire le nostre Etrurie. Fino a quattro anni fa Valeant era una sonnacchiosa società farmaceutica canadese. Tra i suoi consulenti non poteva mancare il solito gruppetto del vi spiego io come si fa targato McKinsey. Uno di loro, Mike Pearson, si presentò un giorno negli uffici della Valeant e propose un affare. C'era in vendita una società, sempre del settore, che non aveva particolari brevetti, ma qualcosa che per Mike valeva di più, e cioè un tax rate favorevole (cioè un'aliquota fiscale molto bassa, il che può avvenire per diversi motivi contabili). Alla Valeant cadono nella trappola. In sostanza comprano la società e così si fanno iniettare il primo assaggino di droga. È proprio il caso di dire. Nel giro di pochi mesi il titolo della società acquirente sale: ai mercati piace che si paghino meno tasse e, in prospettiva, si distribuiscano più utili. Mike, il pusher di finanza, dopo poco viene, già che c'erano, portato in azienda e fatto amministratore delegato. Siamo nel 2010. E da lì inizia una corsa apparentemente senza fine. Ma andiamo per gradi. In pochi anni Mike fa salire il titolo Valeant del 400 per cento. «La nostra strategia - spiega - è di base ciò che ho imparato a McKinsey», dice nel 2014. E in cosa consiste questa genialata? In primis: circondarsi di amici che provengano dalla stessa società di consulenza. Sai che forza, anche noi in Italia abbiamo una certa tradizione del genere. Ma se lo fanno gli anglosassoni, chissà come si definisce. Robert Rosiello (deve essere roba nostra, dal nome) diventa direttore finanziario, Ari Kellen entra nel comitato esecutivo, Ryan Weldon, vice presidente esecutivo: sono tutti McK, come il membro del cda Ronald Farmer. Quest'ultimo faceva anche parte di quel comitato che si occupava di retribuzioni e che fece approvare un assurdo piano di remunerazione che fruttò a Mike circa un miliardo.

Ma torniamo alla strategia di Mike. Essa si basava su tre pilastri: fare acquisizioni a debito, tagliare poi i costi con il machete e rialzare i prezzi dei farmaci. Ci deve essere qualcuno che studia ad Harvard per partorire queste strategie. Valeant diventa così un acquirente seriale, compulsivo. Tra il 2008 e il 2015 realizza più di cento operazioni. In un solo biennio, tra il 2013 e il 2015, le banche di investimento di Wall Street incamerano commissioni per operazioni di Valeant per la bellezza di 400 milioni di dollari. Poi ci si stupisce che nessuno, nel giro che conta, parlasse male di Mike e della sua società. Sì, certo, ci sono i muri cinesi per i quali nelle grandi banche d'affari gli analisti che danno i giudizi sui titoli non parlano con i bancari che fanno gli affari. Se fosse così, e lo crede solo Babbo Natale, dovremmo pensare che gli analisti farmaceutici americani sono quasi tutti dei perfetti cretini, avendo sempre guardato senza problemi alla cavalcata del titolo Valeant in Borsa. Peccato che dall'estate scorsa ad oggi abbia polverizzato 81 miliardi di capitalizzazione passando da 90 a 9 miliardi di valore di Borsa.La Valeant, durante la gestione di Mike, riduce al 3% (dal 7-8 medio del settore, in Italia è vicina al 10%) gli investimenti in ricerca e sviluppo. Il gruppo pensava di sopravvivere comprando in giro i brevetti e, dopo averli portati a casa, smettendo di investire per tagliare così i costi. Pazzesco a dirlo oggi. Ma ieri tutti sapevano. Mike poi si oppone all'offerta di acquisito che poteva provenire dal gigante Pfizer e rilancia provando a comprarsi anche il big Pharma che produce il Botox, in una bulimia di shopping in cui non conta il debito, ma mettere sempre carne fresca nelle fauci del mostro. E tutti zitti. Fino a quando il castello di carte inizia a scricchiolare. Pensate un po' voi, con un debito da 30 miliardi Valeant cade perché viene pizzicata a sovrafatturare, per circa un'ottantina di milioni, prodotti venduti ad una farmacia on line, di cui risultava in parte anche proprietaria occulta. Ecco.

Quando si parla di cattiva finanza pensate a Mike Pearson, alle sue strategie alla McKinsey, alle acquisizioni alla Valeant, all'arroganza di questi fenomeni di Wall Street che con le loro camicie a righe e bretelloni ci spiegano l'etica degli affari. Meglio i nostri Aleotti, Recordati, Dompè, Chiesi, Angelini e chissà quante altre favolose famiglie farmaceutiche italiane mi sono dimenticato.

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