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Quel centro che serve al centrodestra

La gara in corso tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni per mantenere, il primo, o conquistare, la seconda, la leadership elettorale del centrodestra è appassionante e non priva di interesse.

Quel centro che serve al centrodestra

La gara in corso tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni per mantenere, il primo, o conquistare, la seconda, la leadership elettorale del centrodestra è appassionante e non priva di interesse. La Lega, nei sondaggi, ha ancora un buon margine di vantaggio ma è un fatto che la rimonta di Fratelli d'Italia ha del clamoroso e l'esito finale è aperto. Salvini paga il fatto di essere andato al governo con i Cinque Stelle e di aver fallito, non per colpa grave, l'obiettivo di portare a termine con successo la missione. Giorgia Meloni, viceversa, gode del vantaggio di non essersi mai misurata con esperienze di governo - che svelano sempre limiti e debolezze - e quindi poter criticare tutto e tutti senza cadere in contraddizione con il proprio passato. La velocità e la facilità con cui gli elettori si spostano tra i due partiti dimostra che i confini tra le politiche della Lega e quelle di Fratelli d'Italia sono labili e che gli umori cambiano in base alle percezione dello stato di forma dei due rispettivi leader o poco più. Ma in ogni caso nessuno dei due può immaginare un futuro senza la terza gamba della coalizione, quella Forza Italia senza la quale sarebbe praticamente impossibile vincere qualsivoglia elezione. Nel senso che comunque andrà, al momento decisivo nella coalizione sarà comunque un «due contro uno», con Forza Italia ago della bilancia tra le ambizioni di Salvini e quelle della Meloni, indipendentemente da chi tra i due prenderà. Del resto la storia, sia pure a parti inverse, si ripete come ai tempi di Berlusconi, la cui maggiore intesa anche personale con Bossi rispetto a quella con Fini condizionò non di poco il baricentro di quel centrodestra sul centro-Lega a scapito di An. Tutto questo per dire che se Forza Italia riuscirà anche solo a mantenere il suo attuale, non entusiasmante, consenso costringerà almeno uno dei due alleati a stemperare i propri eccessi sovranisti e populisti e a spostarsi su posizioni più moderate, europeiste e liberali. E in questo oggi Salvini appare avvantaggiato rispetto alla Meloni. La sua scelta di partecipare, sia pure in modo critico, al governo Draghi è un investimento sul futuro che potrà anche pagare strada facendo con una perdita di consenso a favore della «rivale» ma che lo avvantaggia nei giochi di un dopo elezioni che potrebbe anche esser più vicino della scadenza naturale.

A meno che la Meloni non sorprenda tutti con una delle sue mosse a sorpresa.

La leadership nel consenso la si vince giocando sulle ali, ma nei fatti i gol che pesano da sempre li si fanno al centro.

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