Che ipocrisia voler bloccare il calcio per lutto

Sport e politica chiedono lo stop, ma oggi si gioca lo stesso

Che ipocrisia voler bloccare il calcio per lutto

Oggi e domani si gioca a pallone, serie A, si incomincia. L'Italia si ferma per lutto, per qualche minuto soltanto. Il calcio prosegue la propria partita. Nelle ultime ore si sono accavallate voci sul possibile rinvio, a data da destinarsi, di tutta la prima giornata della serie A. Ha incominciato Matteo Salvini, come ministro dell'Interno ha chiesto la sospensione del primo turno di campionato, un giorno non basta ne servono due, sono state le sue parole, forse come tifoso o semplice cittadino, perché nel ruolo di ministro, e dell'Interno, sarebbero state un ordine, una disposizione. Cosa che non è avvenuta, dunque un minuto di riflessione, più che di silenzio, per lui, il Viminale e il resto della compagnia al governo del Paese. Gli è andata a ruota, come sempre, la Federcalcio nella persona del commissario straordinario Fabbricini che, però, non ce l'ha fatta a superare le frasi di repertorio, dunque non è passato dal pensiero all'azione. Anche alcuni presidenti e addetti, allenatori e calciatori, hanno espresso il loro dolore e il desiderio di non giocare. Ma a parole, intanto provvedendo al riscaldamento dei muscoli. Due partite, quelle nelle quali sono impegnate le squadre genovesi, Sampdoria-Fiorentina e Milan-Genoa, erano già state cancellate dal primo turno e rinviate, la prima al 19 settembre e la seconda al 31 di ottobre. I motivi sono evidenti, le forze dell'ordine, i vigili del fuoco, i medici e i volontari non possono essere dirottati negli stadi, così sottraendo la loro opera dal luogo del disastro. Ci sono anche ragioni di ordine pubblico e di traffico viario per il trasferimento dei tifosi fiorentini a Genova e quelli genoani a Milano ma il problema è stato affrontato e risolto nei tempi giusti e normali.

Il resto ha fatto parte della consueta propaganda nostrana. Il calcio è occasione ideale per lavarsi la coscienza, rappresenta il luogo dove tutte le colpe vengono espiate, un confessionale a cielo aperto. Nel momento in cui le forze politiche dibattono come in una assemblea condominiale, tutte, nessuna esclusa, pensano di cavarsela con la richiesta di sospendere il campionato, mentre il resto delle attività produttive, commerciali e ludiche, ristoranti, cinematografi, alberghi, discoteche, luoghi di divertimento, proseguono il loro lavoro, in tempi di crisi un week end di agosto è un affare. Il calcio, però, è chiamato a dare l'esempio, gli stadi restino chiusi o deserti, sbocciano, di colpo, editoriali moraleggianti, vengono rispolverate frasi di repertorio, la veglia è generale però a tempo determinato. Il calcio sa fermarsi da solo, se vuole, se può, se decide. Lo ha fatto il giorno della morte di Astori, capitano della Fiorentina, a pochissime ore dalla partita contro l'Udinese; scomparsa improvvisa così come improvvisa ma doverosa fu la decisione di cancellare tutta la giornata di football, compreso il derby di Milano. Una reazione umana, calda, profonda e non «politica» o demagogica come quella sussurrata e avanzata ora da chi dovrebbe osservare un minuto di silenzio, lui per primo, invece di inscenare contenziosi miserabili. Sono passati quattro giorni dall'evento tragico di Genova. Il cordoglio non ha scadenza ma, oltre al dolore e al rispetto di chi non c'è più e di chi sta soffrendo, c'è il senso della vita che supera il momento di sconforto.

Sarebbe invece opportuno, se non necessario, un atto diverso, di naturale attuazione, almeno in linea teorica. Il commissario Fabbricini di cui sopra e i presidenti dei club di serie A potrebbero decidere di devolvere gli incassi della prima giornata di serie A in favore dei famigliari delle vittime della sciagura genovese. Sarebbe un piccolo segnale ma di sostanza, vero, direi doveroso, da parte di chi gestisce altri denari e lo fa con una disinvoltura a volte sguaiata. Lo stesso discorso andrebbe rivolto alle emittenti televisive che sul calcio, di questa prima giornata, costruiscono i propri affari e le proprie entrate.

Presumo che la proposta non possa essere accolta e realizzata: è troppo logica e naturale, si scontrerebbe con problemi burocratici, amministrativi e fiscali, porterebbe squilibrio ai bilanci. Meglio tenersi i soldi e avere la coscienza pulita. Per novanta minuti.

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