Chi pagherà il conto

Chi pagherà il conto

Il reddito di cittadinanza, come attualmente concepito, è un oneroso mostro finanziario destinato a gravare sul nostro disavanzo pubblico in misura molto superiore agli 8 miliardi di euro più 2 di spese per il personale dei centri dell'impiego messi a bilancio per il 2019. Infatti esso entrerà in azione, a fine marzo, prima delle elezioni europee del 23 maggio, con un costo stimato di 8 miliardi, che cominceranno a essere erogati in agosto. Essendo l'esborso dei cinque mesi del 2019, di 1,6 miliardi mensili, il costo annuo, nel 2020, sarà di 19 miliardi, al netto degli incrementi dovuti agli aumenti dei costi di nuovo personale per i centri per l'impiego e delle nuove domande di reddito di cittadinanza, comprese quelle estere di cittadini italiani del Sud America, che troveranno conveniente venire in Italia e di quelle di cittadini della comunità europea, che avranno maturato dieci anni di residenza fra noi. Il terzo anno, perciò, l'esborso crescerà ancora. E ciò con una serie di iniquità e di effetti collaterali negativi, che giustifica pienamente il termine «mostro».

Infatti i 780 euro mensili, di cui al progetto, sono la soglia media nazionale di povertà, calcolata dall'Istat. Chi ha un reddito mensile di più di 780 euro e pertanto non è ufficialmente povero, di solito, per guadagnarlo, sostiene disagi, costi di trasporto e spese che non avrebbe stando a casa. Dunque, i 780 euro sono ingiusti verso chi lavora e l'attuale importo del reddito di cittadinanza incita alla pigrizia e la premia. D'altra parte i 780 euro sono la soglia nazionale della povertà, una media fra il costo della vita del Nord e del Sud e fra le città e i borghi. Con questo reddito di 780 euro mensili in un paesino del Sud una persona campa facilmente, anche se non ha una propria abitazione, perché i fitti sono bassi e le spese di riscaldamento e luce sono basse, mentre al Nord, in una città, questa cifra basta appena per sopravvivere.

Accanto a queste palesi ingiustizie, ve ne sono altre che sorgono in relazione alla difficoltà di individuare i giovani poveri. Chi ha 18 anni e vive lontano dalla sua famiglia, se non ha un proprio reddito è statisticamente, un single povero. Ma se la famiglia è benestante, presumibilmente, gli dà i mezzi per vivere. Quale soglia di reddito familiare comporta che il 18 enne che vive fuori casa e non lavora abbia diritto al reddito di cittadinanza? E se il 18enne vive in casa, con un genitore con reddito inferiore a 1.160 euro, il giovane potrà avere la sovvenzione di 780 euro, dato che una persona con un figlio a carico minorenne, con reddito di meno di 1.160 euro avrà diritto a un conguaglio sotto forma di reddito di cittadinanza, sino a tale importo? Più si leggono queste regole, più si ha la sensazione che oltre che essere un mostro finanziario che darà luogo a una redistribuzione iniqua, il reddito di cittadinanza sia anche un mostro burocratico, che darà luogo a un complesso contenzioso e a polemiche di chi si sentirà escluso o non sovvenzionato abbastanza.

Una guerra fra postulanti, per sussidi, con risorse per il non lavoro, anziché per creare posti di lavoro e ridurre i costi del lavoro.

Un mostro con la sequenza: più deficit, più spread nei finanziamenti bancari, meno Pil, più poveri e più tasse.

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