La Chiesa autosantificata

Con la beatificazione di Paolo VI, non a caso contemporanea al Sinodo che apre ai tempi, si compie un processo senza precedenti

La Chiesa autosantificata

Con la beatificazione di Paolo VI, non a caso contemporanea al Sinodo che apre ai tempi, si compie un processo senza precedenti: la Chiesa si autosantifica dopo il Concilio Vaticano II, avendo beatificato i tre papi che hanno regnato in questo tempo. Restano fuori Papa Ratzinger, in quanto vivente, e Papa Luciani, «non classificato» perché fu papa solo per pochi giorni (ambedue ritenuti conservatori). Così è sancito un fossato tra la Chiesa dei due millenni precedenti fino a Pio XII, e la Chiesa dopo il Concilio. Paolo VI è stato esaltato come il Pontefice che comprese la necessità di adeguarsi ai tempi, capire la novità. Che è poi la molla delle aperture sinodali alle coppie gay e ai divorziati e della svolta di Francesco. Si confonde la necessità cristiana di incarnarsi nella vita reale con l'esigenza strategica, se non opportunistica, di mettersi al passo del proprio tempo e dei suoi totem, anche se contraddice alla propria fede e alla propria tradizione. Se il clericalismo è barattare l'autorità spirituale con il potere temporale, la scelta di assecondare il proprio tempo è tipicamente clericale; garantisce di restare al potere, non passare all'opposizione.

Infine una notazione aspra ma vera: molti media hanno definito sobria la partecipazione popolare alla beatificazione di Paolo VI. È una pia menzogna. Paolo VI non era nei cuori e nelle menti della gente. Paolo VI è stato un papa nella tormenta, ma nel proclamarlo beato non si avverte né la grazia di Dio né il volere del popolo credente.

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