Il chip nel nostro cervello

Il chip nel nostro cervello

Elon Musk non ha paura della fantascienza. Il suo romanzo preferito è Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams. L'ha letto quando non aveva ancora dieci anni e le avventure di Arthur Dent lo accompagnano da tutta (...)

(...) una vita. Il suo sogno è rendere reale quello che abbiamo immaginato nel secolo scorso: macchine senza pilota, magari volanti, androidi con intelligenza artificiale, viaggi su Marte, cyborg e qualche partita a scacchi con la morte. L'importante è non prendersi davvero troppo sul serio, perché il senso della vita è indecifrabile e la risposta a tutto, come sanno gli autostoppisti, è comunque 42.

L'ultima scommessa di Elon Musk è un microchip impiantato nel cervello umano in grado di dialogare via bluetooth con pc, tablet, smartphone, elettrodomestici, automobili e tutto ciò che è intelligenza artificiale. È la mente collegata direttamente in rete. Il chip è piccolo come una moneta e viene inserito con una veloce operazione in anestesia locale dietro la nuca. È collegato alla corteccia cerebrale con 1.024 fili sottili come capelli. Non solo dovrebbero dialogare con i neuroni, ma servono anche come scheda di memoria. È un po' come quando Albus Silente nella saga di Harry Potter recupera i pensieri perduti e li rivede nella vasca del pensatoio. La tecnologia in questo caso insegue la magia. Il nome del microchip è The Link.

Elon Musk sostiene che il suo progetto sia la frontiera della medicina. The Link sarà necessario per combattere le malattie della memoria, la demenza, i danni cerebrali o a riparare i danni della spina dorsale, con la speranza di far camminare chi è rimasto paralizzato dopo un incidente. Questo, però, al momento è un futuro ipotetico. Il presente è l'esperimento presentato in diretta mondiale la scorsa notte. È la neurofavola dei tre porcellini o dei cypork: uno che ha il chip, l'altro che lo ha avuto e gli è stato tolto, il terzo che non lo ha mai avuto. La protagonista è Gertrude. È lei la cypork. Se ne va in giro a muso basso a odorare il mondo che la circonda. Su uno schermo si illuminano una serie di punti. È il segno che si stanno attivando alcuni neuroni in una parte del cervello. Tutto qui? Sì e in effetti un po' di delusione c'è. L'interfaccia cervello-computer è già stata sperimentata su cervelli umani nel 2006. La differenza è la dimensione del chip e la connessione con la corteccia cerebrale. Non è poco, ma come ha detto lo stesso Musk per ora la magia è una sorta di un fitbit nel cranio. È come l'orologio che conta i passi e segna il battito del cuore.

Quello che conta è il progetto. Tocca fidarsi. Elon Musk è una personalità complessa. Per qualcuno è un venditore di elisir miracolosi che ricorda certi «Doc» del Far West, un po' cavadenti e aggiustaossa, un po' imbonitori e fattucchieri. Quelli che temono i suoi sogni e lo accusano di portare l'uomo oltre i confini della natura lo vedono come Faust, così ingordo di soldi e di gloria da vendersi l'anima al diavolo. C'è chi ama la sua capacità di andare al di là dell'orizzonte, testardo, geniale, ossessivo, con la voglia di superare i limiti della condizione umana, tracciando in solitaria sentieri mai solcati. Elon Musk come Prometeo, pronto a rubare il fuoco agli dèi.

La sua sfida è affascinante. È chiaro che apre tante domande. Non a caso Musk ha detto che tutta questa storia assomiglia a un episodio di Black Mirror. Il riferimento probabilmente è a The Entire History of You. È un mondo nel quale tutti hanno un chip nella testa dove raccogliere i propri ricordi, con la possibilità di rivederli insieme. È una società dove il privato è maledettamente pubblico. Tutto è trasparente. Tutto è controllabile. Tutto è manipolabile. Tutto è connesso. Non è il migliore dei mondi possibili. Allora si torna a un discorso antico. L'uomo è sempre più potente, ma la sua etica è quella di sempre, fragile e micragnosa. Un superuomo tecnologico e senz'anima. Allora bisogna ricordarsi della Guida galattica per gli autostoppisti. «Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell'estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c'è un piccolo e insignificante sole giallo.

A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c'è un piccolo, pianeta azzurro-verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un'ottima invenzione».

Vittorio Macioce

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