Cronache

La class action dei blogger contro l'Huffpost: "Basta con la censura"

La denuncia del presidente del Codacons, Carlo Rienzi: "Hanno chiuso il mio spazio e quello di altri in modo dittatoriale, l'Huffpost chiarisca se è una testata giornalistica o un mero blog". E annuncia una class action per difendere i diritti di blogger e lettori

La class action dei blogger contro l'Huffpost: "Basta con la censura"

"Evidentemente ho pestato i piedi a qualcuno, visto che un blog portato avanti con successo per ben sette anni è stato chiuso in quattro e quattr’otto senza un valido motivo". Carlo Rienzi, avvocato e patron del Codacons, dagli anni ’80 è in prima linea per la difesa dei diritti dei consumatori. Stavolta, però, si è ritrovato dall’altra parte della barricata. "Quello che ho subìto è un sopruso bello e buono", ci dice al telefono mentre ci spiega perché ha deciso di diffidare l’Huffington Post, il portale d’informazione diretto da Mattia Feltri, di proprietà della statunitense TheHuffingtonPost Holdings Llc e dell’italiana Huffington Post Italia Srl.

Ma andiamo con ordine. A chiedergli di curare uno spazio personale sul sito della testata fu Lucia Annunziata, sette anni fa. "Mi invitò a contribuire e visto che i miei articoli funzionavano, mi esortò a coltivare il blog", racconta Rienzi. "Negli ultimi tempi, però - va avanti l’avvocato – succedeva sempre più spesso che qualche contenuto venisse cestinato". "I nostri blogger possono parlare di tutto ma non promuovere sé stessi, anche se a fin di bene", è stata la motivazione inviata dalla redazione ad una prima richiesta di chiarimenti, inoltrata lo scorso agosto.

"La goccia che è ha fatto traboccare il vaso, però, - ci spiega Rienzi - è stato il mio ultimo post sulle candidature al Campidoglio di Carlo Calenda e Virginia Raggi". Dopo la pubblicazione del commento, infatti, fu lo stesso ex ministro a replicare piccato via Twitter: "Massimo rispetto per Huffington Post Italia ma pubblicare invettive di Rienzi, almeno chiedetegli quanto percepisce studio legale Rienzi da Codacons e sue controparti". Da quel momento in poi gli articoli di Rienzi non vengono più messi online. Dopo qualche settimana a spiegare perché è il direttore Mattia Feltri, costretto ad intervenire con un editoriale per motivare la chiusura di un altro blog, quello della ex presidente della Camera, Laura Boldrini.

A proposito dello spazio affidato al battagliero avvocato Feltri junior è tranchant: "Sulla policy c’è scritto che la redazione e la direzione si riservano di non pubblicare i blog senza dare spiegazione e senza nemmeno avvertire (un paio di settimane fa ho sospeso il blog di Carlo Rienzi del Codacons per una ragione che dettaglierei così: non mi piace)". "In trentadue anni che faccio questo mestiere – si legge ancora nel pezzo del direttore - ho visto quotidianamente e più volte al giorno direttori buttare via articoli per mille motivi, di opportunità, di linea politica, di convenienza, di gusto, talvolta le scelte sono illustrate, altre liquidate alzando un sopracciglio, ed è la normalità eterna della stampa".

Eppure per Rienzi la questione non sarebbe così semplice. "Per i blog l’Huffington Post non spende un centesimo, la contropartita offerta dalla testata è la visibilità per noi autori - chiarisce il presidente del Codacons – ma la realtà dei fatti è che i blog non sono affatto spazi liberi e, infatti, la direzione si riserva il diritto di imporci una linea editoriale e di poterci cacciare a pedate come e quando meglio crede". Il punto, secondo Rienzi, è che l’Huffington Post non è un semplice blog, né una piattaforma di informazione, ma una testata giornalistica a tutti gli effetti.

"Sussistono, infatti, - ci spiega l’avvocato - tutti i requisiti richiesti al fine di considerarlo un quotidiano: le notizie sono regolarmente aggiornate, è presente una redazione composta da giornalisti iscritti regolarmente all’albo, vi è un direttore che concorda la propria linea editoriale con l’editore". L’Huffpost, nota l’associazione, da sempre considera proprio i suoi blogger come "punto di forza" e "tratto distintivo". "Prova ne è – aggiunge Rienzi - il fatto che essi vengono costantemente indirizzati nella stesura dei loro articoli, al pari di qualsiasi altro giornalista che lavora per un quotidiano".

"Se vogliono impormi la loro linea editoriale, però, – obietta l’avvocato – allora devono pagarmi, come dovrebbero pagare tutti gli altri blogger che in questi anni hanno contribuito al sito". Per il Codacons, insomma, se l’Huffington fosse un quotidiano online, finora "avrebbe violato l’articolo due della legge 233 del 2012 sull’equo compenso dei giornalisti". "Se al contrario, volessimo considerarlo come un mero blog o una piattaforma di informazione online - ragiona ancora Rienzi – allora saremo di fronte ad un caso di censura bella e buona, sia nei miei confronti che nei confronti dell’onorevole Boldrini e di tanti altri". Una censura, continua l’avvocato, "che non danneggia solo i diretti interessati ma anche le loro rispettive community, oltre che rappresentare una grave violazione della libertà di espressione del pensiero costituzionalmente tutelata ai sensi dell’articolo 21 della Costituzione".

Il mese scorso nella querelle tra Feltri junior e la Boldrini era intervenuto anche Carlo Verna, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti. "È illimitato il potere del direttore? Anche impermeabile alla critica posto che nessuno può imporre la pubblicazione? Il blog (che ha una natura diversa rispetto a una pagina di giornale, le tecnologie di oggi impongono anche nuove riflessioni sui confini tra i diritti) al di là di policy privatistiche non dovrebbe contemplare una libertà in più per chi ne è stato chiamato ad esserne titolare?", si chiedeva il giornalista.

"Nei termini e condizioni che ci chiedono di accettare – incalza Rienzi – si dice che saremo ‘unicamente responsabili’ dei contenuti inviati, escludendo la responsabilità dell’Huffington Post. Perché allora il direttore decide cosa dobbiamo pubblicare e cosa no?". L’avvocato si rivolge direttamente al giornalista che guida la testata: "Non si lavora così, bisogna avere rispetto di chi ti dà la possibilità di guadagnare, non si può offrire uno spazio e poi chiuderlo, magari perché Calenda twitta contro di me". La richiesta di Rienzi è chiara: "Da giornalista iscritto all’elenco dei pubblicisti chiedo che i miei contributi continuino ad essere pubblicati sul blog, oppure, se devo essere sottoposto al giudizio del direttore, che mi paghino per tutti gli articoli che ho scritto dal 2013 ad oggi".

"Per adesso, il dato di fatto è che il mio blog è ancora online, attirando i miei lettori sul sito dell’Huffington Post, senza che io possa aggiornare il mio spazio", conclude. L’associazione chiede all’Ordine dei giornalisti, alla Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG), all’Agcom e al Ministero dello Sviluppo Economico di intervenire per dirimere la questione. Secondo il Codacons, inoltre, il sito conterrebbe una serie di "clausole vessatorie" che determinano "un grave squilibrio contrattuale tra il sito e l’utente". "Nella numero nove, ad esempio, non si garantisce che il sito sia privo di errori, omissioni, interruzioni e inaccuratezze nelle notizie", spiega Renzi. "Si tratta – aggiunge – di una pericolosa manleva generalizzata a favore del portale e a scapito degli utenti".

"E poi c’è la numero 7, dove – continua l’avvocato - viene messo nero su bianco il preventivo e totale esonero di qualsiasi profilo di responsabilità da parte del direttore il quale però al contempo si riserva un potere del tutto discrezionale di controllo sui contributi dell’utente". "Se l’editore statunitense avallerà le decisioni da dittatore di Feltri – è convinto il presidente del Codacons - allora dovrà pagare i contributi di chi ha scritto sul loro blog per anni con un equo compenso come giornalisti".

Al vaglio dell’associazione, infatti, c’è una class action per tutelare i diritti dei blogger in Italia e negli Stati Uniti. "Chiederemo una condanna esemplare per il direttore e per la società – conclude Rienzi – in gioco c’è la dignità dei giornalisti, il rispetto dell’informazione come strumento di democrazia partecipativa e della comunità di lettori".

"Gli stessi lettori – attacca – che per anni seguono un autore accedendo al sito e beccandosi la pubblicità che arricchisce l’editore, e che improvvisamente vengono trattati come pezze da piedi per l’arroganza di chi li cancella senza nemmeno una valida spiegazione".

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