Comitato Bioetica su bambini terminali: "No ad accanimento clinico"

Questo'oggi la mozione approvata dal Comitato Nazionale Bioetica sull'accanimento terapeutico nei confronti di bambini terminali: "Sofferenza inutile"

Comitato Bioetica su bambini terminali: "No ad accanimento clinico"

Nessun "accanimento clinico" nei confronti di bambini affetti da patologie con esigue aspettative di vita. È, in sintesi, quanto emerge dalla mozione approvata nella giornata di venerdì 7 febbraio dal Comitato Nazionale per la Bioetica (Cbn).

Un tema molto dibattuto, una controversia che talvolta ha diviso l'opinione pubblica. Ma per gli estensori del documento non v'è alcun dubbio: l'accanimento terapeutico va evitato. "Si tratta di percorsi clinici inefficaci e sproporzionati - si legge nel testo dello scritto - che arrecano al paziente ulteriori sofferenze e un prolungamento precario e penoso della vita senza ulteriori benefici".

Il comitato ha affrontato la complessa ed articolata questione focalizzando l'attenzione sulla sofferenza indotta ai piccoli pazienti che, nella maggior parte dei casi, non hanno alcuna possibilità di scelta a fronte di scelte maturate dai rispettivi genitori. "L'accanimento terapeutico, - spiegano - per quanto riguarda i bambini piccoli, è spesso praticato per accondiscendere alle richieste dei genitori o per rispondere a criteri di medicina difensiva".

La riflessione investe soprattutto bambini in età tenerissima con parametri vitali fortemente compromessi (malati in modo terminale) o condizioni invalidanti al punto tale da ritenere improbabile l'esito positivo di un percorso clinico. "L'accanimento clinico è spesso praticato - si apprende dal documento - perché perché quasi istintivamente, anche su richiesta dei genitori, si è portati a fare tutto il possibile, senza lasciare nulla di intentato, per preservare la loro vita, senza considerare gli effetti negativi che ciò può avere sull’esistenza del bambino in termini di risultati e di ulteriori sofferenze. Altre volte, invece, l’accanimento clinico viene praticato in modo consapevole, come difesa da possibili accuse di omissione di soccorso o di interruzione attiva delle cure o dei trattamenti di sostegno".

Nella maggior parte dei casi, i piccoli pazienti non hanno alcuna facoltà di scelta né è possibile stabilire la soglia di percezione del dolore a cui sono inevitabilmente costretti da circostanze avverse. "I bambini piccoli non possono esprimersi in modo autonomo né sono in grado di comunicare la percezione del dolore e della sofferenza".

Pur esprimendo contrarietà all'accanimento terapeutico, il comitato precisa che ogni caso va valutato nella propria esclusività in rapporto di stretta collaborazione tra medici e pazienti. La scelta deve essere fatta "nell'interesse del bambino... e deve essere definito a partire dalla condizione clinica contingente, unitamente alla considerazione del dolore e della sofferenza (per quanto sia possibile misurarli), e del rispetto della sua dignità, escludendo ogni valutazione in termini di costi economici".

Gli estensori del documento non fanno riferimento ad alcun caso specifico ma ricorda la sentenza della Suprema Corte inglese che nel 2017 decretò di 'staccare la spina' al piccolo

Charlie Gard, affetto da una rarissima patologia encefalica. Anche in quel caso, i giudici dell'Alta Corte Inglese impostarono la decisione sul "best child interest", cioè il supremo interesse del bambino.

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