"Questa non è una crisi. Ma una depressione". La lezione dimenticata di Contri

Pochi giorni fa è morto Giacomo Contri. ilGiornale.it lo aveva intervistato nel 2012. Queste le sue parole

"Questa non è una crisi. Ma una depressione". La lezione dimenticata di Contri

Profezia è una parola che, oggi, viene usata a sproposito. I giornali rispolverano le quartine di Nostradamus perché, si sa, in un modo o nell'altro aveva previsto ciò che sta accadendo oggi. Oppure ritirano fuori la storia della vecchia veggente che aveva previsto il Covid-19 centinaia di anni fa. Nulla di più falso, ovviamente.

Profeta, lo spiega bene Ortega y Gasset, non è colui che vive sotto i riflettori. È colui che si arrangia con poco, come il profeta Amos che si accontenta dei frutti del sicomoro, e che, soprattutto, quando parla lo fa attraverso paradossi, ovvero pensieri che vanno contro la doxa, il pensiero comune. Non dice ciò che la gente vuol sentirsi dire, ma il suo opposto. E non perché voglia ad ogni costo contraddire coloro che ha davanti a sé, ma perché riesce a fendere le pieghe della realtà. Puntualmente, il vero profeta non si ritiene tale ("Io non sono profeta, né figlio di profeta"), dice Amos. Osserva il mondo, lo analizza e, infine, racconta ciò che intuisce. Lo critica, ovvero separa e distingue le cose.

Perché raccontare tutto questo? Perché pochi giorni fa, è morto un uomo profetico. Si chiamava Giacomo Contri, medico, psicoanalista e fondatore della Società amici del pensiero Sigmund Freud. Lo avevamo intervistato dieci anni fa. Il mondo era completamente diverso. Un'altra era storica in cui si raccoglievano i frutti disastrosi della crisi del 2009. "In questo conviene usare la parola depressione", ci aveva detto. "Va bene sia per la parte economica sia per quella psichica delle persone. È la stessa cosa. È la caduta dell'iniziativa da parte degli individui". Una definizione che è perfetta per allora, ma anche per il mondo di oggi, dominato dalla paura del Covid. Forse, più che trovarci di fronte a una emergenza (lo era a marzo del 2020), oggi ci troviamo in un momento di depressione. Basta camminare per le strade per rendersene conto: non c'è nessuno che vive, ci troviamo in un lockdown di fatto; basta guardare il mondo del lavoro, che arranca sempre di più; basta guardare i dati relativi alla depressione: un adolescente su quattro soffre di questa patologia scatenata dall'isolamento e dalla pandemia. E chi più soffre più è disposto a tutto, perfino ad uccidersi. "Uno che continua a intraprendere non si suicida". Perché è questo il senso della vita: agire, crescere, migliorare, trafficare.

E poi: "La crisi non deve essere un argomento. Tutti parlano della crisi. Il fatto che tutti quanti, appena possono, parlano della crisi dovrebbe essere trattato come un fatto diagnostico della depressione di cui parlavo prima". Vi ricorda qualcosa? Che differenza c'è tra la depressione di allora e quella di oggi? Nessuna.

E ancora: "C'è qualche cosa che non mi piace quando si parla del primato della finanza. Sento una puzza di misticismo. Quando si parla della finanza rientra in scena quello che una volta si chiamava fatalismo.

E poi ci sono i soliti pescecani americani che sanno gestire le cose, ma anche loro, in fondo, sono dei sacerdoti di questo corpo mistico che è la finanza".

Così parlava Contri. Un "profeta". E, per ciò stesso, inascoltato. Eppure, ce ne sarebbe stato (e ce ne sarebbe ancora oggi) un gran bisogno.

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