Coronavirus, lo dice pure l'agenzia Ue: "Anche altri Stati come l'Italia"

Il rapporto dell'ECDC sulla diffusione del coronavirus: l'Italia è nello "scenario 2". Ma potrebbe non essere l'unica

Coronavirus, lo dice pure l'agenzia Ue: "Anche altri Stati come l'Italia"

Matteo Bassetti, direttore della clinica delle malattie infettive al San Martino di Genova, non è il solo a pensarlo: "Se guardo altri Paesi come la Francia e la Germania - dice - c’è qualcosa che non torna sul numero dei decessi". L'Italia è lo Statp che più di altri sta soffrendo la diffusione del coronavirus. Il numero di contagi aumenta. E il resto dell’Europa ci guarda un po’ come gli appestati del Vecchio Continente. Ma molti iniziano a domandarsi: e se qualcuno non stesse dicendo tutta la verità?

I numeri ufficiali, ad oggi, parlano chiaro. L’Italia conta oltre tremila casi, con 3.296 positivi, 414 guariti e 148 decessi. Non è ancora un'emergenza sanitaria, ma se confrontati con le altre capitali Ue i dati ci assegnano il poco ambito primato europeo: dietro di noi rincorrono Parigi (285) e Berlino (262), ma sono distanziati più del Manchester City dal Liverpool di Klopp. Tutti gli Stati Ue messi insieme arrivano solo a un terzo del totale dei contagi italiani. Un divario che appare incolmabile. Il problema, come molti osservatori sostengono da giorni, sta probabilmente nel fatto che a differenza del Belpaese le altre capitali si sono astenute dal tamponare tutti quelli a rischio Covid-19. Il mantra è: meno analisi, meno contagi.

Una conferma della probabile sottostima dei cugini Ue è scritta nero su bianco nell'ultima analisi pubblicata il 2 marzo dal "Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie"(ECDC), che monitora dall'inizio l'evolversi del coronavirus. Il documento analizza cinque diversi scenari di diffusione del virus. L’attuale stato epidemiologico suggerisce agli scienziati di assegnare in media all'intera Ue uno "scenario 1", che potrebbe "rapidamente evolversi nello scenario 2". Il Belpaese è già in questo secondo gradino, che "descrive una situazione con un numero crescente di introduzioni del nuovo virus e di segnalazioni più diffuse di trasmissione localizzata da uomo a uomo nel Paese". La novità, però, si trova all’ultima riga del paragrafo. Secondo gli esperti dell’ECDC, l’Italia potrebbe non essere l'unica a vivere una simile situazione. "Anche altri Paesi - si legge - potrebbero trovarsi in questo scenario, in cui potrebbe essere in corso una diffusione che non è stata registrata a causa di un basso livello di rilevamento dei casi". In sostanza: meno tamponi, meno contagi.

Non resta dunque da chiedersi quale sia la strategia migliore. Quella dell'Italia, che sin da subito ha realizzato rilevazioni a tappeto e si è lasciata andare ad una bulimia comunicativa? Oppure quella degli altri Stati, che stanno gestendo l'emergenza con minore carico emotivo? La Germania, per dire, ha rotto il tabù parlando di "pandemia", ma calcando l'attenzione sul fatto che è una crisi "mondiale" e non tedesca. E questo nonostante il "paziente zero" europeo sia probabilmente un cittadino governato da Angela Merkel. Per capire la differenza tra Roma e Berlino, sarà sufficiente un esempio: il ministro della Salute, Jens Spahn, ritiene la cancellazione dei grandi eventi o la chiusura temporanea delle aziende "non consigliabile" per far fronte all'epidemia, poichè si tratterebbe di misure "non proporzionate né appropriate". Non esattamente lo stesso approccio tenuto dal governo di Conte e soci.

Delle due, l’una: o negli altri Stati il coronavirus non si è davvero ancora diffuso (ce lo auguriamo per loro), oppure i governi hanno scelto un'altra strada. Ovvero quella di contenere non solo Covid-19, ma anche il nefasto effetto economico prodotto dall'immagine di un "Paese in quarantena". Propendiamo per la seconda ipotesi.

Il rapporto dell’ECDC, infatti, lascia intendere che anche altri Stati Ue siano già nello stessa situazione dell'Italia. Ma forse - giusto o meno che sia - non vogliono urlarlo al mondo intero. C'è tutta l'economia da preservare.

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