Coronavirus

Quanto dureranno le misure? Le ipotesi dai dati dei contagi

Mercoledì saranno passati 14 giorni da quando l'Italia è in modalità "zona protetta" e si aspetta il "picco" dei contagi giornalieri. Successivamente, sarà fondamentale adottare le "misure di contenimento" che ci traghetteranno alle porte dell'estate

Quanto dureranno le misure? Le ipotesi dai dati dei contagi

Secondo gli esperti, è questa la settimana decisiva nella lotta al Coronavirus per capire se le misure di contenimento del Governo che hanno reso tutta Italia "zona protetta" stanno funzionando e come.

Come scritto sul Messaggero, sono passate quasi due settimane da mercoledì 11 marzo, giorno in cui sono entrate in vigore forme di restrizione più severe per combattere la diffusione del virus. I frutti del nostro sforzo li dovremo cominciare a raccogliere tra poco dal momento che il tempo massimo di incubazione è di 14 giorni. Quindi, a metà settimana, dovrebbe esaurirsi il numero di coloro che è stato contagiato prima della chiusura dell'Italia.

Primo segnale

Il bollettino diramato ieri dalla Protezione Civile è stato, un minimo, più incoraggiante: la percentuale di nuovi casi si è abbassata (quasi mille in meno rispetto al giorno precedente) ma esistono troppe incognite per affermare che siamo già entrati nella fase di regressione.

Teoricamente, mercoledì 25 potrebbe essere il "D-day", ossia il giorno del famoso "picco": saranno trascorse due settimane esatte dal decreto emanato dal premier Conte e dovremmo cominciare ad avere un'inversione di tendenza perché, i numeri che vediamo oggi, sono, per la maggior parte, frutto dei contagi precedenti.

I perché del ritardo

In realtà, il picco lo si aspettava nei giorni scorsi ma sono state sottovalutate tante cose, prima fra tutte l'effettiva circolazione del Coronavirus con i primi casi, probabilmente, già presenti sul nostro territorio da metà gennaio ma con la vita che è continuata a scorrere tranquillamente come prima anche per gran parte del mese di febbraio con lo svolgimento di concerti e partire di calcio (una su tutte Atalanta-Valencia del 19 febbraio).

Inoltre, in ogni regione italiana il picco potrebbe essere raggiunto in momenti differenti anche a causa degli spostamenti Nord-Sud avvenuti fino a pochi giorni fa che potrebbero aver veicolato il Covid-19 anche in zone, inizialmente, non così colpite come quelle del Nord.

L'80% dei positivi è al Nord

Purtroppo, ben l’80% dei casi totali del Coronavirus è concentrato nel Nord Italia, dall’Emilia-Romagna in su. Anche se i numeri sono in aumento ovunque, sul resto del Paese non ci si è, fortunatamente, avvicinati al numero dei casi che hanno messo in ginocchio soprattutto la Lombardia. Le incognite sono legate alla chiusura, non totale e rigorosa come a Wuhan, e il virus continua a circolare. Senza il lockdown (blocco totale), il rischio che tutta l’Italia abbia i numeri della Lombardia è concreto.

Perché la Lombardia?

Ci si domanda, continuamente, perché il Covid-19 si sia accanito proprio lì, tra le province lombarde. Le motivazioni che si provano a dare sono numerose: altissima densità, popolazione anziana, grandi imprese con rapporti internazionali non solo con la Cina ma anche con la Germania, da dove, secondo una ricerca del Campus Bio-Medico di Roma, è arrivato uno dei due pazienti zero.

Tutto questo ha fatto sì che in Lombardia, lentamente, il Coronavirus si diffondesse nascosto nelle pieghe del picco influenzale.

Restrizioni fino all'estate

È quindi chiaro a tutti che, anche se la curva dovesse, come ci auguriamo, cominciare a calare, non solo non è realistico pensare che il 3 aprile potremo tornare alla vita di prima, ma anche che un primo allentamento delle misure restrittive possa esserci prima di maggio: come dicono gli esperti, sarebbe comunque necessario un lungo periodo di "mantenimento", ed è per questa ragione che nessuno si azzarda a fissare date.

Un nuovo 11 settembre

"Niente sarà più come prima": la frase più abusata del millennio, pronunciata dopo l’11 settembre 2001, può essere considerata attuale perché servirà del tempo prima di ricostruire una "normalità": nel 2020 viaggeremo meno o forse non viaggeremo affatto, dovremo proteggere di più gli anziani, riorganizzare il sistema sanitario, progettare un nuovo equilibrio economico. Molto dipenderà da quanto tempo la scienza impiegherà per trovare cure e vaccini.

Riaprire tutto, troppo in fretta, potrebbe disperdere i risultati ottenuti considerando che il resto d'Europa è in ritardo di qualche settimana. rispetto a noi.

Ed anche quando, alle porte dell'estate, riapriranno bar e ristoranti, la vita sarà diversa.

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