Coronavirus

Coronavirus, con il morto in casa per 36 ore

Il sindaco ha deciso di saltare la burocrazia e ha fatto chiudere la bara. Alla famiglia non è stato fatto nessun tampone: “Non ce ne sono più”

Coronavirus, con il morto in casa per 36 ore

Già è terribile perdere una persona cara, un padre, un marito. Ai tempi del coronavirus ancora più angosciante. Non solo perché rischi che nessun medico venga in casa per dichiarare il decesso, ma anche perché resti con l’amato, ormai morto, in mezzo al salotto di casa. E se chiedi di essere sottoposto al tampone ti viene risposto che “non ce ne sono più”. Questa la terribile vicenda avvenuta in una famiglia residente a Torre dè Roveri, comune in provincia di Bergamo. Come riportato da Il Giorno, l’ultimo fine settimana per la famiglia Marchesi è stato un vero e proprio incubo, degno di un film dell’orrore.

36 ore nel salotto di casa

Nella giornata di venerdì scorso, 13 marzo, è mancato il padre, Siro, 65enne immunodepresso. L’uomo è stato adagiato in una bara e lasciato nel salotto dell’abitazione, in attesa dell’arrivo del medico e delle ultime pratiche burocratiche, prima di essere trasportato al cimitero. Accanto al defunto la moglie Judit e la figlia Asia. Nessuno però è arrivato. E così le due povere donne si sono ritrovate a dover rimanere per ben 36 ore con il caro estinto in una bara aperta e non refrigerata. Fortunatamente il sindaco del comune della Bergamasca, Matteo Lebbolo, vedendo che non si trovava modo per sbloccare quella incresciosa situazione, ha deciso di scavalcare la burocrazia e risolvere il tutto. Il Primo cittadino ha infatti dato l’autorizzazione alle pompe funebri di chiudere la cassa e portare il feretro al cimitero. Anche senza la dichiarazione di morte firmata da un medico, solitamente necessaria.

Nessun medico ha constatato il decesso

La dichiarazione di decesso prima o poi arriverà, senza ovviamente che il sanitario possa vedere il corpo del defunto. Nessun medico si è infatti avvicinato al corpo del povero Siro. Forse perché nella zona rossa in questo momento non è neanche il momento adatto per morire. Troppe le chiamate che continuano ad arrivare ai camici bianchi e nessuna protezione sicura per potersi avvicinare a un possibile contagiato. Il corpo comunque si trova adesso in un loculo provvisorio e, quando si potrà, verrà cremato. Non si sa neanche se il 65enne avesse o no il coronavirus.

Quello che si sa è che aveva iniziato a stare male ai primi di marzo, con sintomi influenzali, febbre, tosse e respiro affannoso. Nonostante le richieste dei familiari, l’uomo non era stato visitato in ospedale e nessuno aveva fatto lui il tampone. Niente. Venerdì 13 le sue condizioni fisiche sono peggiorate, fino a portarlo alla morte. Dovuta chissà a cosa. Forse a coronavirus, ma la certezza, a questo punto, non ci sarà mai.

I familiari hanno paura di avere il coronavirus

I familiari del signor Siro adesso hanno paura per la loro vita. La figlia Asia ha spiegato: “Il dubbio che sta facendo impazzire mia mamma: siamo malate? Mio cognato lavora in un supermercato, è stato a contatto con lui, come fa a rientrare al lavoro sapendo di essere probabilmente infetto?”. Il sindaco ha provato a interpellare l’Ats ma la risposta è stata spietata e secca: non ci sono più tamponi. Il 65enne era rimasto con la famiglia fino a venerdì 6 marzo tra Lerici e Ameglia, in Liguria. Esattamente una settimana prima della sua morte. La scorsa settimana una donna di Borghetto Santo Spirito, sempre in Liguria, era rimasta in quarantena con il marito morto in casa.

Anche in quel caso era dovuto intervenire il sindaco per risolvere la tragica situazione.

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