Coronavirus

Coronavirus, Severgnini: "Invitato in Rai, non mi hanno fatto entrare perchè sono di Crema"

Il giornalista ha raccontato la sua esperienza e sull'epidemia ha detto che "è una cosa seria però non c’è dubbio che abbiamo esagerato"

Coronavirus, Severgnini: "Invitato in Rai, non mi hanno fatto entrare perchè sono di Crema"

Non è stato fatto entrare in Rai perché è originario di Crema, una zona non lontana da Codogno, uno dei focolai del coronavirus. Protagonista della vicenda è stato Beppe Severgnini. Il giornalista ha raccontato l’episodio durante l’intervento a Otto e Mezzo su La7. Ospite di Lilli Gruber, il saggista ha parlato di come l’agitazione abbia generato paura e vulnerabilità tra i cittadini.

Un po’ di confusione c’è stata nel nostro Paese. Forse anche dell'ansia eccessiva”, ha sottolineato il saggista. Poi ha rivelato il fatto che gli è successo poche ore prima. “Sono stato invitato da un programma della Rai, ma ancora prima che io confermassi la mia presenza - ha spiegato -, mi hanno detto che io sono di Crema, che è nella Lombardia del sud, e quindi non avrei comunque potuto entrare nello stabile”.

Severgnini ha evidenziato che non poter entrare nello studio Rai di Milano è stata “una stranissima sensazione”. E poi si è chiesto in tono ironico quali sono i luoghi dove una persona dovrebbe andare e quali sono le regole da seguire per fronteggiare l’epidemia. Poi l’editorialista del Corriere della Sera ha precisato che il nostro Paese si è mosso bene, in modo deciso e ha fatto molti controlli e ha aggiunto che “sono venuti fuori dei casi positivi e ce ne saranno tanti atri in giro”.

Severgnini ha sottolineato che questo virusè una cosa seria però non c’è dubbio che abbiamo esagerato”. Quindi il giornalista ha detto che “la prima colpa è nostra, cioè di una società sostanzialmente fragile, che non è più abituata all’incertezza, le generazioni prima di noi - ha proseguito il saggista - erano abituate all’incertezza, mio padre si è fatto l’influenza spagnola, ci sono state le guerre”. L’editorialista del Corriere ha quindi ribadito che la nostra società si è riscoperta vulnerabile, ansiosa e talvolta anche aggressiva.

Poi ha fatto mea culpa, affermando che anche i giornalisti hanno la loro responsabilità in questa vicenda. E ha citato l’esempio delle mascherine. “Se tutti i media ogni volta che parlano del coronavirus fanno vedere le persone con le mascherine - ha concluso - la quantità poi diventa informazione in se stessa.

Diamo l’idea di un Paese in un panico più grande di quanto sia".

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