Il coronavirus sta diventando meno aggressivo? Ecco cosa dicono gli esperti

Non ci sono prove che il coronavirus stia perdendo virulenza: "La circolazione del virus si è attenuata solo per via delle misure di contenimento", spiega il dottor Antonio Di Caro

Il coronavirus sta diventando meno aggressivo? Ecco cosa dicono gli esperti

Il Coronavirus sta diventando meno aggressivo? "Non sono state osservate mutazioni significative collegabili a differenza di patogenità,vale a dire, capacità di aggredire e di trasmissione", afferma Antonio Di Caro, responsabile del laboratorio di microbiologia dell'Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma.

Che il Covid-19 sia un virus potenzialmente letale e prepotente, è un dato di fatto. Ma che con l'arrivo della bella stagione possa diventare meno virulento o sopirsi è ancora tutto da vedere. Tante, forse troppe, congetture al riguardo e poche certezza. "La perdita di aggressività non è un criterio per ipotizzare un'origine non naturale. Nessuno ha mai trovato segni che dimostrino sia stato manipolato in laboratorio".

Ad oggi, sono 77 gli esemplari di Sars-CoV-2 squenziati e depositati nei database internazionali, a cui si aggiungono altri 15mila messi in comune dai ricercatori di tutto il mondo. In Italia, ilprimo coronavirus fu isolato lo scorso febbraio proprio nei laboratori dello Spallanzani. Da allora, ne è passato di tempo e il patogeno che aveva aggredito il turista cinese in vacanza a Roma non sembra aver allentato la presa. "Tutti i gruppi internazionali stanno studiando il virus, non è mai stata messa in campo tanta forza - spiega Di Caro nel corso di una intervista al Corriere della Sera - Non appena viene individuata una mutazione consolidata, cioè presente in un migliaio di sequenze, viene fatta una verifica con studi su modelli cellulari o animali per verificare se queste differenze corrispondono ad una maggiore abilità dell'agente patogeno di moltiplicarsi e creare danni all'uomo".

Dunque, il Covid-19 non mostrerebbe alcuna conformità con gli 'affini' - altri patogeni che rientrano nella famiglia dei coronavirus - ed è questa la caratteristica che lo contraddistingue dai suoi simili. "Fino a questo momento, l'unica certezza è che Sars-CoV-2 muta poco rispetto ad altri cugini, come virus influenzali ed Ebola. Appartiene come loro alla famiglia di virus a RNA di solito mutevoli perché sprovvisti del meccanismo che corregge gli errori della replicazione. In parole semplici, non ha il 'correttore di bozze'. Abbiamo a che fare con un parente diverso che possiede anche questa particolarità".

La risposta alle mutazioni del virus potrebbe essere contenuta nella cosiddetta 'proteina Spike' che il Covid-19 utilizza per penetrare le cellule dei tessuti nell'uomo: "Un cambiamento in questa parte specifica potrebbe tradursi in una più spiccata capacità di eludere i controlli del sistema immunitario e di legarsi più facilmente alle cellule - continua Di Caro - Ma ripeto, mai niente di questo è stato visto".

Si è spesso parlato di 'ceppi virali', diversi, del patogeno. Ma quanti ce ne sono sul serio in Italia? "I virus italiani si dividono in 2 gruppi caratterizzati da minime variazioni non associabili a differenze di malattia. Stiamo studiando le evoluzioni del virus in uno stesso paziente per vedere se mostra differenze da quando lo si trova nei polmoni a quando lo si trova nella faringe. Ma non siamo ancora giunti a conclusioni".

I dati relativi al trend epidemiologico mostrano un rallentamento dei contagi: "A me non risulta così - conclude Di Caro - La percentuale dei

pazienti ricoverati in ospedale e di quelli trattati a domicilio è costante. Non mi sentirei di affermare che c'è minor aggressività. Il virus si è attenuato nella circolazione solo per via delle misure di contenimento".

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