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Coronavirus, turisti cinesi "intrappolati" in Italia: caos permessi soggiorno

L’avvocato Fan Zheng ha scritto una lettera al ministero dell’Interno: "Ci sono turisti cinesi entrati in Italia con voli cancellati a causa del coronavirus"

Coronavirus, turisti cinesi "intrappolati" in Italia: caos permessi soggiorno

Rischia di aggravarsi la crisi diplomatica tra Italia e Cina scoppiata in seguito all’emergenza contagio del nuovo coronavirus.

Secondo quanto riferito dall’agenzia Agi, l’avvocato Fan Zheng ha scritto una lettera al ministero dell’Interno a nome di alcune associazioni rappresentative della comunità cinese di Milano e di alcuni singoli cittadini. L’obiettivo è quello di sollevare la problematica relativa ai permessi di soggiorno, il cui sistema sembra essere andato letteralmente in tilt.

La spiegazione del legale cinese, vero e proprio punto di riferimento per la comunità proveniente dalla Cina presente nel nostro Paese, è semplice e chiara: “In questi giorni sono venuti da me in tanti a chiedere come comportarsi ma, al momento, la situazione è confusa e non ci sono direttive precise”.

Il quadro è caotico perché, spiega ancora il signor Fan, “ci sono persone entrate in Italia con il visto turistico della durata di 30 giorni i cui volo di ritorno sono stati cancellati”. Che cosa devono fare questi soggetti? Difficile dirlo, tanto che anche l’avvocato cinese solleva un quesito da un milione di dollari: “In questi casi è necessario chiedere alle questure o ai consolati un diverso titolo di soggiorno che legittimi la permanenza, magari per cure mediche e motivi sanitari?”.

Ricordiamo che il nostro Paese è stato il primo – ha preceduto perfino gli Stati Uniti – ad aver imposto il blocco totale di tutte le rotte aeree da e per la Cina. Di conseguenza si sono creati non pochi disagi per i tanti turisti cinesi che nei giorni del ban si trovavano in Italia e che sarebbero dovuti rientrare in patria da lì a pochi giorni.

Tensioni diplomatiche sull’asse Roma-Pechino

Pechino, spazientito per il trattamento riservato ai suoi cittadini, aveva fatto pressione sull’Italia dicendo che Roma era pronta a “riprendere alcuni voli civili per i normali scambi”. La Xinhua scriveva addirittura che i due Paesi “avrebbero raggiunto un accordo per riprendere temporaneamente i voli diretti con la Cina”. Ipotesi seccamente smentita dal governo.

Il sottosegretario al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Manlio Di Stefano, ha sottolineato che “il governo italiano deve proteggere la sua popolazione del coronavirus” e che le autorità cinesi "sanno benissimo che abbiamo delle ragioni concrete per applicare questo tipo di blocchi, che è la sicurezza nazionale”.

Di Stefano ne ha poi approfittato per ricordare ai cinesi che “conoscono anche le loro responsabilità che hanno avuto nel ritardo iniziale nel denunciare la diffusione del virus e quindi capiscono le nostre ragioni”. In ogni caso, ha concluso il sottosegretario, l’Italia sta cercando “di favorire tutta quella parte delle relazioni che ha a che fare con il mondo del business quindi con i cargo e quant'altro”.

In mezzo a tutto questo l’ex ambasciatore italiano in Cina, Alberto Bradanini, ha dichiarato all’AdnKronos che “le nostre reazioni sono state come al solito improvvisate, gestite in maniera dilettantesca, perché la chiusura di tutti i voli tra l’Italia e la Cina andava discussa e concordata con gli stessi cinesi.

Tra l'altro è una misura che, se l'Europa esistesse veramente, andrebbe adottata e livello europeo".

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