Così i privati possono rilanciare il welfare

Diseguaglianze, povertà e solitudine sono in aumento. La legge può moltiplicare il partnenariato pubblico-privato

Così i privati possono rilanciare il welfare
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Con la nascita della Repubblica e poi via via negli anni, la traiettoria del welfare italiano è stata caratterizzata dalla costruzione di un sistema di tutele crescenti, che hanno consentito di passare dallo Stato minimo del primo dopoguerra allo Stato Sociale attuale. Questo passaggio è stato reso possibile da uno sviluppo economico favorevole che ha dotato il nostro sistema delle risorse necessarie per finanziare il welfare. Ciò nonostante, oggi, le disuguaglianze sono in aumento. Crescono ogni anno le famiglie in povertà assoluta (8,5% nel 2023 dall'8,3% nel 2022 e 7,7% nel 2021), e le richieste di supporto da parte di cittadini e famiglie in difficoltà economica (525mila persone prese in carico per problemi di povertà nel 2021, da 500mila nel 2020 e 430mila nel 2019).

C'è forte disomogeneità territoriale, con il Mezzogiorno caratterizzato da una quota decisamente superiore di nuclei familiari in povertà assoluta e una spesa pro capite dei Comuni nettamente inferiore rispetto al Nord. Nel 2022, l'indicatore complessivo relativo al rischio di povertà o esclusione sociale metteva in evidenza il maggior disagio delle famiglie con disabili: il 28,4% di esse è in questa condizione, mentre il dato medio nazionale è fissato al 23,4%. Il 10,9% delle famiglie con almeno una persona con disabilità vive in una condizione di severa deprivazione materiale e sociale, nel resto della popolazione la quota si attesta al 4,3%. I mutamenti demografici previsti nei prossimi decenni porteranno a una progressiva frammentazione delle famiglie, e all'aumento del numero degli anziani e delle persone con patologie croniche, con impatti sociali, sanitari ed economici significativi.

Oggi il 65% degli anziani è solo oppure vive con il coniuge in situazioni di fragilità. In prospettiva, si stima l'aumento delle famiglie unipersonali, che passeranno da 8,4 a 9,8 milioni nell'arco di vent'anni (+17%). Rispetto a questi problemi, quella parte dei corpi intermedi che si può definire come non profit dà già un grande apporto. Esaminando la tendenza della spesa corrente impegnata dai Comuni per i servizi sociali, si può vedere che la quota gestita indirettamente, ovvero trasferita agli enti che materialmente hanno offerto assistenza e servizi di vario genere ai cittadini, si è mantenuta al disopra del 40% nell'ultimo decennio monitorato. Dal 39% del 2010, la percentuale di spesa gestita indirettamente ha raggiunto un picco del 44,6% nel 2014 e nel 2021 si è attestata sul 42,2%, corrispondente a una spesa di 4,4 miliardi di euro.

Alcuni dei servizi offerti vedono un apporto decisivo da parte delle cooperative e degli altri enti privati che operano sul territorio, con quote molto importanti della spesa impegnata dai Comuni per l'offerta a privata. È il caso, per esempio, dei centri e delle strutture residenziali per minori e per persone disabili. Le possibilità offerte dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 131/2020, ripresa nel Codice degli Appalti e nel Codice del Terzo settore, possono moltiplicare questo apporto in una visione di reale partenariato paritario, rapporto tra amministrazione pubblica e realtà non profit generata dai cittadini.

Può riaccadere quanto avvenuto dopo l'Unità d'Italia, quando movimento cattolico e operaio diedero un apporto fondamentale alla crescita del welfare state.

È una rilettura più moderna, originale e sintetica della sussidiarietà, fatta propria anche da Nadia Urbinati: «La sussidiarietà è una modalità attraverso cui realtà sociali ed economiche (privati, comunità, imprese e amministrazioni locali dello Stato) coordinano le loro azioni in relazione ai loro obiettivi specifici (assistere chi ha bisogno, svolgere servizi, da quelli scolastici, a quelli sanitari e altro ancora) generando buone pratiche e norme che legano le persone e ne consolidano la cooperazione». Di questi temi dialogherò il 23 agosto al meeting di Rimini con Renato Brunetta, che non a caso, ha definito il Cnel, da lui presieduto, «la casa dei corpi intermedi».

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