Fumata bianca

Popolo, migranti ed economia. Così è nato il "Bergoglio pensiero"

Dal populismo che ricorda Peron alla teologia del popolo. La visione del mondo di Francesco ha radici lontane nel tempo

Popolo, migranti ed economia. Così è nato il "Bergoglio pensiero"

Jorge Mario Bergoglio non è un Papa "inquadrabile". Francesco non è un progressista, perché come nel caso dell'aborto associato ai sicari ha dimostrato di poter esprimere pensieri di stampo conservatore. Francesco, però, di certo non è un tradizionalista, perché ha riformato la Chiesa cattolica, importando anche novità dottrinali, come nella concessione della comunione ai divorziati risposati o come nella circostanza dell'apertura nei confronti delle unioni civili. Benedetto XVI apparteneva alla storia europea. Il primo Papa gesuita della storia no, e forse è questo il fattore che rende difficile, soprattutto nel Vecchio continente, una fotografia culturale che sappia essere esaustiva.

Le analisi si sono sprecate. Bergoglio "di sinistra" è più una speranza dei progressisti che una realtà. Basti pensare alla battaglia culturale combattuta dal vescovo di Roma contro la proliferazione dell'"ideologia gender". Giusto per citare un tema. Certo, Francesco sull'immigrazione non ha le posizioni dei sovranisti. Sul piano economico, ancora, Bergoglio è un critico degli effetti di certa globalizzazione, che produce disuguaglianze. Gli accenti spirituali che sceglie non soddisfano le aspettative della "destra ecclesiastica", mentre gli emisferi progressisti plaudono, ma sino ad un certo punto. Il coro di giubilo della sinistra ecclesiastica è limitato perché questo non è il Papa sotto il cui regno verrà abolito il celibato sacerdotale o verranno ordinate le donne.

Difficile persino che si apra alla benedizione per le coppie omosessuali o ai viri probati. E chi, come in alcuni ambienti tedeschi, vorrebbe la rivoluzione, non può essere del tutto allineato. Insomma, Francesco non ha sposato senza colpo ferire le istanze di chi vorrebbe una Chiesa laicizzata ed aperta ai "nuovi diritti". Allo stesso tempo, però, il vescovo di Roma non è un "Papa di destra", date le aperture cui abbiamo accennato e considerata la maggior parte delle indicazioni rilasciate nel corso di questi otto anni di pontificato, con l'introduzone dell'ecologia nella dottrina ed i continui appelli in favore dell'abbattimento dei muri.

Nonostante questo, le radici della "Chiesa in uscita" non sono giocoforza progressiste. Chi ha avuto modo di studiare la parabola del Papa conosce il ruolo svolto dal peronismo. Siamo nel 1970 ed in Argentina la vicinanza al popolo corrisponde ad una figura e ad una corrente di pensiero politico: Juan Domingo Peròn ed il peronismo sono già affacciati alla finestra da un ventennio. I descamisados sono tornati al potere da poco. Evita, che è morta venti anni prima, ha già fornito una prova tangibile: anche il potere può essere "in uscita". Del resto la seconda moglie del leader degli scamiciati ha sintetizzato tutto con una frase: "renuncio a los honores, pero no a la lucha ". Il sindacalismo di strada è la formula su cui il primo pontefice sudamericano della storia si imbatte Anche il giovane consacrato argentino preferisce il contatto con la strada alle medaglie sul petto. Bergoglio all'epoca è membro di una Compagnia spaccata a metà. Ai gesuiti non starà troppo simpatico quel superiore provinciale, che verrà persino esiliato a Cordoba all'interno di una stanzetta di dodici metri quadri. Si dirà, in funzione delle simpatie per la Guardia de Hierro, che era un "peronista".

Chi oggi scava nel passato di Francesco alla ricerca di elementi ideologici può presentare un'elencazione: la proprietà privata come "diritto naturale secondario"; la critica feroce al neo-liberismo, di nuovo quella al capitalismo ed alla globalizzazione; il "pregiudizio" anti-occidentalista; il "mito del popolo" - dunque - come ha sottolineato Sandro Magister; il populismo indefinito che attecchisce sulle terre sudamericane ai tempi dei caudillos. Bergoglio, in alcune letture biografiche, è un populista. Fa strano ipotizzarlo, ma questa suggestione potrebbe non essere così lontana dalla realtà.

Se il populismo peronista è in grado di spiegare la tensione verso le periferie economico-esistenziali e la critica mossa nei confronti delle distorsioni delle dinamiche economiche (il socialismo nazionale era tutto centrato sulla giustizia sociale da riservare agli ultimi, almeno dal punto di vista retorico), i riferimenti culturali del pontefice possono sgomberare il campo dai dubbi. Ad esempio quelli sul perché Bergoglio promuova un certo pensiero sull'immigrazione. Anzitutto il Vangelo, come afferma lo stesso pontefice, per quanto la questione dell'interpretazione dell'accoglienza secondo i dettami evangelici sia piuttosto dibattuta - si pensi alla quantità d'inchiostro utilizzato per dibattere del corretto significato da attribuire all'aggettivo "prossimo" - . Poi, però, può essere presentata una sfilza di nomi, che possono aiutare parecchio a condire il quadro definitorio del pensiero del Papa. Nomi che consentono di riassumere tutto mediante una formula molto in uso: "teologia del popolo".

Sempre Sandro Magister, in un'analisi sulle differenze tra il pensiero politico di Ratzinger e quello di Bergoglio per la Fondazione Magna Carta, cita Rodolfo Kusch, antropologo argentino. Ma di linee di pensiero, in questi anni, ne sono circolate tante: da don Giussani a Lucio Gera, passando per Alberto Methol Ferré, Romano Guardini e Amelia Podetti. Su questi e su altri riferimenti di Bergoglio, nello specifico, si può approfondire mediante la lettura di "Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale", che è un'opera di Massimo Borghesi. Qualcuno pensa che provare a fare del pontefice argentino un intellettuale sia una forzatura. Altri, al contrario, ritengono che ridurre la visione del mondo di Bergoglio ad un disegno aperturista e terzomondista sia fuorviante e semplicistico.

Il "Bergoglio pensiero" è con buone probabilità un mix di cose molto diverse tra loro che hanno consentito alla Chiesa di smettere di guardare all'Occidente come ad un interlocutore privilegiato o come all'unico interlocutore. La "crisi di fede" e quella di "ragione", citate ambedue dal cardinale Parolin in una recente riflessione a "Cope", spiegano meglio di tante analisi quanto l'Ecclesia debba guardare oltre il Vecchio continente per consentire al cattolicesimo di traghettare lungo questa fase storica, che in Europa è densa del relativismo di ratzingeriana memoria.

In questa maniera, si spiega forse meglio l'elezione di un Papa "venuto dalla fine del mondo".

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